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dai GIORNALI di OGGITHE FIRST DAY OF ERA OBAMA 2009-01-20 |
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Banda Ufficiale al Campidoglio
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Arrivo alla Casa Bianca Ricevuto dal Pres. Bush ..2.. |
Partenza dalla Casa Bianca insieme Al Pres. Bush per il Campidoglio ..3.. |
Corteo Presidenziale per il Cmpidoglio ..4.. |
Uscita del Corteo Presidenziale dalla Casa Bianca ..5.. |
Tragitto del Corteo Presidenziale Casa Bianca Campidoglio ..6.. |
Tragitto del Corteo Casa Bianca Campidoglio ..7.. |
Campidoglio Arrivo Personalità ..8.. |
Campidoglio Arrivo Personalità ..9.. |
Campidoglio Ex Pres. Carter ..10.. |
Campidoglio Arrivo del Nuovo Pres. B. Obam ..11.. |
Campidoglio Inizio Cerimonia del Giuramento ..12.. |
Campidoglio Benedizione E Giuramento Vice Presidente ..13.. |
Campidoglio Giuramento del 44° Presidente degli U.S.A.B. Obama ..14.. |
Campidoglio 1° Discorso alla Nazione del 44° Presidente B. Obama ..15.. |
Campidoglio 1° Discorso alla Nazione del 44° Presidente B. Obama ..16.. |
Campidoglio Conclusione della Cerimonia del Giur. del Pres. B. Obama ..17.. |
Campidoglio Conclusione della Cerimonia del Giur. del Pres. B. Obama ..18.. |
Pres. Carter |
Pres. Bush Padre |
Pres. Clinton |
Pres. G. Bush |
Il vecchio Pres, Bush ed il nuovo Pres. B. Obama |
Il vecchio Pres, Bush ed il nuovo Pres. B. Obama |
il nuovo Pres. B. Obama |
la cupola del Campidoglio |
il nuovo Pres. B. Obama |
il nuovo Pres. B. Obama |
il nuovo Pres. B. Obama poco prima di uscire p.il giuram. |
il nuovo Pres. B. Obama durante il giuramento |
il nuovo Pres. B. Obama durante il giuramento |
il nuovo Pres. B. Obama Il suo 1° Discorso da Presidente |
il nuovo Pres. B. Obama Il suo 1° Discorso da Presidente |
il nuovo Pres. B. Obama Il suo 1° Discorso da Presidente |
il nuovo Pres. B. Obama Il suo 1° Discorso da Presidente |
il nuovo Pres. B. Obama con la bandiera |
CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito http://www.corriere.it2009-01-20 Obama chiede di fermare i processi a Guantanamo per quattro mesi Il presidente aveva promesso che la chiusura della prigione sarebbe stata uno dei suoi primi atti
GUANTANAMO BAY - "Nell'interesse della giustizia e su richiesta del presidente degli Stati Uniti e del segretario alla Difesa, Robert Gates - si legge in una mozione distribuita alla stampa - il governo chiede, rispettosamente, che le commissioni militari autorizzino un aggiornamento delle procedure nei casi menzionati fino al 20 maggio". I PROCESSI - La mozione della pubblica accusa sarà presentata mercoledì a due giudici: il primo, Stephen Henley, ha in carico il processo contro cinque uomini accusati di avere organizzato l'attacco dell'11 settembre. Il secondo, Patrick Parrish, si occupa del caso di Omar Khadr, un canadese arrestato 15 anni fa in Afghanistan per l'omicidio di un militare americano. Il presidente Obama aveva promesso che la chiusura della prigione di Guantanamo sarebbe stata uno dei suoi primi atti una volta alla Casa Bianca. Egli ha dunque deciso di cominciare sospendendo il sistema giudiziario istituito nel 2006 dall'amministrazione Bush per giudicare i detenuti di Guantanamo perseguiti per crimini di guerra. 21 gennaio 2009
Il Presidente ha dovuto ripetere da capo frase E Obama incespica sul giuramento A indurlo in errore il presidente della Corte Suprema Roberts che ha invertito involontariamente le parole * NOTIZIE CORRELATE * VIDEO: il giuramento * Obama ha giurato, è il 44mo presidente (20 gen. 2009) Il momento dell'errore (Emmevi) Il momento dell'errore (Emmevi) NEW YORK - La solennità del giuramento di Barack Obama è stata interrotta da un sorriso, quando il presidente degli Stati Uniti ha incespicato sulla frase di rito pronunciata con la mano sinistra sulla Bibbia di Abraham Lincoln e la destra alzata (GUARDA IL VIDEO). L'ERRORE - Ma a indurre in errore Obama non è stata l’emozione, bensì il presidente della Corte Suprema John Roberts, che ha invertito involontariamente le parole del giuramento. Anziché dire "(...) I will faithfully execute the office of presidente of the United States (... eseguire fedelmente il compito di presidente degli Stati Uniti)", Roberts ha detto "I will execute the office of president of the United States faithfully", salvo poi fermarsi e ripetere da capo la frase, quando Obama aveva già cominciato a pronunciarla. 20 gennaio 2009(ultima modifica: 21 gennaio 2009)
La festa senza festa di Massimo Gaggi "Che la forza sia con te" gli ha detto, fissandolo negli occhi, il vescovo episcopale T.D. Jakes. Mancavano tre ore al giuramento e le famiglie Obama e Biden, con pochi altri intimi, erano nella chiesetta di St. John, a due passi dalla Casa Bianca, per la funzione mattutina. Dopo aver invocato l'aiuto di Dio, Jakes ha spiegato che le sfide che attendono il nuovo presidente sono talmente dure da indurlo a citare — come avrebbe fatto il figlio quattordicenne del vescovo — non le Sacre Scritture, ma Guerre Stellari: "Questo è il momento delle decisioni difficili, non della correttezza e della buona educazione. Tu vedrai la luce, ma prima dovrai sentire il calore delle fiamme". Obama non si è scomposto: lo sa già da tempo. Incassati i voti che gli hanno consentito di battere McCain, la sua retorica della speranza nelle ultime settimane si è trasformata in appello al coraggio degli americani, alla loro capacità di stringere i denti, di riscattarsi nei momenti più difficili. E ieri, nel giorno trionfale dell'incoronazione, il primo presidente nero d'America ha completato il percorso oratorio col quale ha portato il Paese dai gioiosi giorni della speranza alla nuova era delle responsabilità. La speranza non è stata sepolta: il cambiamento nel quale si può credere ( change we can believe in) è sempre in cima all'agenda presidenziale. Ma il suo cielo è metallico, zeppo di nuvole, non più l'orizzonte sereno, disegnato con colori pastello, del logo elettorale di Obama. Il leader democratico vuole riconquistare la fiducia del mondo scossa da anni di iniziative di politica estera unilaterali e costellate di errori. Spiega, quindi, che "la potenza da sola non basta a proteggerci se non la usiamo con prudenza, se non convinciamo il mondo della giustezza della nostra causa". Ma per Obama, come per Bush, gli Stati Uniti sono "una nazione in guerra contro una rete di forze che le hanno scatenato contro odio e violenza". Non può, quindi, tentennare o fare passi indietro. Quanto all'economia, è gravemente indebolita dall'avidità e dall'irresponsabilità di alcuni, ma anche dall'incapacità collettiva di fare scelte difficili e di preparare il Paese per una nuova era. Sarà Obama, ora, a traghettarlo, ma avverte che il viaggio sarà penoso e pieno di insidie. Il presidente non lo ha detto esplicitamente ieri nel discorso d'insediamento, ma ha già spiegato che, dopo i costosi interventi pubblici a sostegno dell'economia che verranno attivati nei prossimi mesi e che porteranno inevitabilmente il debito pubblico a livelli molto pericolosi, verrà il momento del "dimagrimento" della spesa federale: ci saranno massicci tagli alla spesa sociale, soprattutto alle pensioni e a Medicare, la sanità pubblica per gli anziani il cui costo è enormemente cresciuto sotto la presidenza Bush. Sarà lo stesso modello di sviluppo a cambiare: più Stato non solo perché oggi il settore privato è fermo, ma perché col calo dei redditi da lavoro, la disoccupazione, la riduzione del valore delle case e dei patrimoni finanziari e la necessità di ricominciare a risparmiare dopo decenni di indebitamento "selvaggio", per molto tempo le famiglie non potranno tornare ad essere il motore della crescita economica. Un'altra scommessa temeraria per Obama, presidente di una nazione di individualisti. Forse anche per questo ha affidato l'invocazione che ha preceduto il giuramento al reverendo Warren, il pastore che dal 2002 veste i panni del profeta della fine dell'egocentrismo. "La nostra è sempre la nazione più grande — ha detto ieri Obama agli americani— ma la grandezza non è un dono: bisogna conquistarsela". Insomma una festa, quella di ieri, con poco da festeggiare. Forse anche per questo non si è conclusa, come avveniva da decenni, con uno spettacolo di fuochi d'artificio. La buona notizia, per l'America, è che probabilmente Obama è l'uomo giusto per gestire questo difficilissimo momento: più che un commander-in-chief dovrà essere un persuader-in chief. "Dai tempi di Reagan non c'è stato in America un altro persuasore così efficace", dice Sean Wilentz, storico delle presidenze Usa che insegna a Princeton. E dai tempi di Roosevelt, quelli della Grande Depressione, nessuno si è trovato a dover fronteggiare devastazioni economiche e crisi internazionali così gravi. Obama è preoccupato ma anche consapevole della sua forza. Entra alla Casa Bianca con un livello di consenso senza precedenti (il 78%), mentre anche il 58% degli americani che hanno votato per McCain pensano che il leader democratico farà bene. E, comunque, di sognatori in giro ne sono rimasti pochi: un'indagine Gallup indica che più della metà degli americani pensa che tra un anno la situazione economica sarà peggiore di quella attuale. Tra le sue file cominciano ad affiorare i delusi, ma per adesso Obama ha un grosso capitale politico da spendere. Mentre i repubblicani — l'opposizione che dovrebbe tagliargli la strada — sono segnati da divisioni profonde come non se ne vedevano da quando Barry Goldwater perse malamente le elezioni del 1964. 21 gennaio 2009
"Un sogno lungo secoli Ma il razzismo non è morto" L'allarme di Dinkins, primo sindaco nero di New York DA UNO DEI NOSTRI INVIATI WASHINGTON — "I miei genitori non avrebbero mai creduto in un giorno come questo perché neppure io o la mia generazione l'avremmo mai creduto. Se il sogno di Martin Luther King non è ancora realizzato, questo è un passo da giganti per poterlo un giorno coronare ". David Dinkins, il primo sindaco afro-americano di New York dal 1990 al 1993 e l'ultimo esponente democratico a ricoprire questa carica non è a Washington, come avrebbe tanto desiderato. "Sono ancora convalescente, dopo una recente operazione a cuore aperto e non posso esserci — racconta al telefono da Harlem — ma ci sono con l'anima e con lo spirito. La notte che Obama vinse ero ad Harlem con gli altri leader neri di New York. Quando il risultato spuntò sul video gigante lungo la 125esima strada, piangemmo tutti". Cosa prova dentro di sé oggi? "Il mio cuore è pieno di gioia e di stupore. Non avrei mai creduto di vivere abbastanza a lungo per essere testimone di tale giorno. Sono figlio della Grande Depressione e ho combattuto nella Seconda guerra mondiale per un'America che ci considerava come cani. I marines neri come me venivano trattati peggio dei prigionieri di guerra italiani: una nazione nemica". Come si è arrivati a questa storica inaugurazione? "Io e gli altri politici neri come Charles Rangel, Percy Sutton e Basil Paterson abbiamo un'espressione: "Voliamo tutti sulle spalle di altri". Mi riferisco a Malcolm X, Martin Luther King Jr., Sojourner Truth, Harriet Tubman, Rosa Parks e Percy Sutton che nel 1977 si candidò alla carica di sindaco di New York con tanta classe e distinzione che nessuno mi rise dietro quando, nell'89, provai anch'io ad osare tanto". Fu una vittoria schiacciante? "Non direi. Mi scontravo col repubblicano Rudy Giuliani, che allora non era nessuno — l'11 di settembre era lontano — eppure lo sconfissi con un margine di soli 160 mila voti. Non scordiamoci che il primo sindaco nero di una grande città fu Carl Stokes nel 1967. Mi creda: anch'io ho patito il razzismo sulla mia stessa pelle". In che modo? "Ricordo quando partivamo al fronte per rischiare la vita ma a casa dovevamo bere nelle fontane solo per neri e non potevamo mettere piede nei locali per bianchi. Nel '46, quando frequentavo la Howard University di Washington, non potevo far spesa o andare al cinema sulla F Street. Eppure un sacco dei miei compagni di corso erano veterani di guerra tornati a casa con pezzi di bomba nel corpo". Quando cominciarono a migliorare le cose? "È stato un processo molto lento. Negli anni '50 un bianco mi urlò di stare attento "perché l'anno scorso ne abbiamo linciati soltanto cinque e potresti essere tu il prossimo". Negli anni '60 e anche dopo i taxi non si fermavano a raccogliermi quando vedevano che ero nero e nei negozi mi trattavano come un ladro o uno squattrinato. Ma non creda che oggi sia poi tanto diverso". Cosa intende dire? "Che la nuova generazione è certamente meno penalizzata della nostra ma il razzismo esiste ancora e discrimina e non uccideremo mai il mostro se facciamo finta che non esiste. Purtroppo l'eredità della schiavitù non si cancella in un giorno e il Paese continua ad essere pieno di gente intollerante ". Ha mai incontrato il presidente Obama? "Più volte. È un uomo magnifico, come essere umano e come politico, e riempie di orgoglio tutti noi. Ha dieci anni meno di mio figlio e lo sento vicino come un figlio". Dove porterà l'America? "Ci sarà un boom di politici afro-americani perché il successo di uno infiamma sempre la speranza di molti altri. L'arrivo di Michelle Obama, soltanto la terza first lady con una post-laurea, farà capire al mondo che non esiste un modello fisso e statico di come una first lady deve essere, comportarsi, sembrare. Sull'America splende già una luce diversa". Alessandra Farkas 21 gennaio 2009
Omessi i passaggi sul comunismo e sui dissidenti La Cina censura il discorso di Obama La parola "comunismo" manca nella versione dei portali cinesi più popolari, Sohu e Sina PECHINO - La trascrizione in cinese del discorso inaugurale del presidente statunitense Barack Obama sui siti web cinesi è incompleta, sono stati omessi i passaggi che parlano di comunismo e di dissidenti. Il discorso di Obama rischiava di irritare i dirigenti del partito comunista cinese, attenti a quel che internet diffonde in Cina. LE PARTI MANCANTI - Obama ha dichiarato che le generazioni precedenti "hanno affontato il comunismo e il fascismo non soltanto con i missili e i carrarmati, ma con alleanze solide e convinzioni durature". Poi ha detto che "chi si attacca al potere con la corruzione e l’inganno" e "fa tacere i dissidenti" è secondo Obama "dal lato sbagliato della storia". La parola comunismo manca nella versione dei portali cinesi più popolari, Sohu e Sina, e la menzione dei dissidenti è scomparsa. A Hong Kong invece si può trovare la versione completa sul sito di Phoenix Tv. 21 gennaio 2009
colto da convulsioni nel corso del pranzo di gala per il nuovo presidente Barack Obama Il senatore Ted Kennedy sta meglio Ma resta in ospedale sotto osservazione Il suo malore sarebbe intervenuto in seguito ad un "colpo di affaticamento" dovuto alla giornata fredda Due senatori si sentono male durante il pranzo al Congresso (20 gen. 2009) Il senatore al suo arrivo alla cerimonia (Reuters) Il senatore al suo arrivo alla cerimonia (Reuters) WASHINGTON - Sono in via di miglioramento le condizioni del senatore Ted Kennedy, portato in ospedale a Washington dopo essere stato colto da convulsioni nel corso del pranzo di gala per il nuovo presidente Barack Obama. I collaboratori del senatore hanno reso noto in un comunicato che il suo malore sarebbe intervenuto in seguito ad un "colpo di affaticamento" dovuto alla giornata fredda. "Dopo averlo esaminato - ha dichiarato il dottor Edward Aulisi, responsabile del reparto di neurochirurgia del Washington Hospital Center - riteniamo che l'incidente sia stato causato da semplice affaticamento". "Il senatore Kennedy è cosciente, ha potuto parlare con i familiari e gli amici, e si sente bene" ha aggiunto. IN OSPEDALE - I medici che hanno in cura il senatore hanno riferito che Kennedy resterà comunque ricoverato in ospedale in osservazione. Confermata anche la diagnosi iniziale, e cioè che Kennedy è stato colto da convulsioni. Fu appunto in seguito ad un attacco analogo, anche se molto più grave, che nel maggio scorso Ted Kennedy scoprì di avere un tumore al cervello. Il senatore fu operato e il tumore rimosso, ma da allora Edward Kennedy, 76 anni, è tenuto costantemente sotto osservazione e segue una terapia farmacologica precisa. "Lo teniamo in osservazione per una notte - ha confermato in serata il dottor Aulisi -. Se tutto si svolgerà come riteniamo, lo dimetteremo domattina". 21 gennaio 2009
Appuntamento con la storia Oggi Obama diventa presidente Cerimonia d'insediamento a Washington, giuramento alle 18 ora italiana davanti a 2 milioni di persone Barack Obama (Afp) WASHINGTON - "Sarà una celebrazione non solo del presidente, ma del popolo americano, dello spirito americano". Così, nel consueto discorso radiofonico del sabato, Barack Obama ha definito l'Inauguration Day, l'attesissima cerimonia del suo insediamento alla Casa Bianca. Potrebbe partecipare la più grande folla mai vista nella capitale e le autorità si sono preparate ad accoglierla e a controllarla. Le previsioni parlano di due o tre milioni di persone, imbacuccate contro il freddo sottozero. Si accalcheranno nella metropolitana e negli autobus; dovranno fare lunghi tratti a piedi e file interminabili per passare ai posti di controllo, e conquistarsi uno spazio sul Mall, grande viale verso il palazzo del Congresso, o su Pennsylvania Avenue dove scorrerà la parata inaugurale dopo il giuramento. BIBBIA DI LINCOLN - Oggi alle 12 ( le 18 in Italia) - dopo la passeggiata con George Bush dalla Casa Bianca a Capitol Hill - giurerà come 44esimo presidente degli Stati Uniti, rinnovando una tradizione che ha 220 anni. Posando la mano sulla Bibbia che Lincoln usò nel 1861, sorretta dalla moglie Michelle, prometterà di fare del proprio meglio per "preservare, proteggere e difendere la Costituzione degli Stati Uniti", assumendo così a pieno titolo i poteri di presidente. Obama pronuncerà le 35 parole di giuramento previste dall'articolo 2 della Costituzione di fronte al presidente della Corte Suprema John Roberts, concludendo con ogni probabilità, come i suoi predecessori, "so help me God" (che Dio mi aiuti). Anche se l'Inauguration Day segue un cerimoniale sopravvissuto al tempo, molte tradizioni sono sparite. Come il cappello a cilindro presidenziale: l'ultimo a indossarlo fu John F. Kennedy. A seguire, il primo discorso ufficiale. OMAGGIO A MCCAIN - Il presidente eletto Barack Obama ha anche disteso la situazione con l'"ex nemico": ha definito il suo rivale alle elezioni presidenziali John McCain "un eroe americano", affermando che il suo patriottismo e bipartitismo è un esempio da seguire. Obama ha reso omaggio lunedì sera all’ex rivale partecipando a Washington a una cena in onore del senatore repubblicano dell’Arizona, da lui sconfitto nelle elezioni di novembre. Il veterano del Vietnam, tra l'altro, serve al presidente per ricollocarsi al centro. IL PILOTA-EROE - Tra gli invitati alla cerimonia dell'insediamento c'è anche un neo-vip: il pilota-eroe protagonista dello spettacolare ammaraggio nell'Hudson di pochi giorni fa, insieme a quattro membri dell'equipaggio sono stati invitati alla cerimonia dell'insediamento di Barack Obama. "Il pilota Chesley Sullenberger sarà elogiato da Obama per la sua eroica condotta e anche il resto dell'equipaggio è invitato" ha detto un portavoce del presidente eletto. "TUTTO È POSSIBILE" - I festeggiamenti sono già cominciati in grande stile, con il mega concerto in suo onore al Lincoln Memorial in cui hanno cantato Bruce Springsteen, U2 e Beyoncé, Stevie Wonder. L'America è divisa tra l'eccitazione per il primo presidente nero e l'ansia per un Paese invischiato in due guerre e nel mezzo di una delle peggiori crisi economiche di sempre. Obama ha sottolineato la difficoltà e la profondità delle sfide che si trova davanti, ma si è detto ottimista: "Non c'è dubbio che la nostra strada sia lunga, che la nostra salita sia ripida. Ma non dimenticate che il vero carattere della nostra nazione si rivela nei momenti più duri. Negli Stati Uniti tutto è possibile". FESTEGGIAMENTI COSTOSI - Ma la grandiosità ha un prezzo e si calcola che i festeggiamenti dell'Inauguration Day costeranno tra i 100 e i 150 milioni di dollari, tra spese per la sicurezza, approvvigionamenti, il viaggio in treno da Filadelfia a Washington e le star invitate (anche se gira voce che qualcuno si sia esibito gratis). Il Presidential Inaugural Committee, il comitato che fa capo al presidente e al vicepresidente eletti, ha reso noto di aver raccolto circa 41 milioni di dollari per coprire gli eventi di sua competenza: dal viaggio in treno da Filadelfia a Washington, che ha aperto la quattro giorni di celebrazioni alle feste musicali che si terranno in città. Per garantire che tutto si svolta regolarmente è stato arruolato un piccolo "esercito". Gli uomini e i mezzi addetti alla sicurezza impegnati su Washington e dintorni sono oltre 42mila, con un costo complessivo di almeno 78 milioni di dollari. Anche le spese della parata fanno capo al Presidential Inaugural Committee. La parata è curata in ogni dettaglio, con tanto di progetti scenografici e prove generali. Facendo uno strappo a una tradizione quasi trentennale, sono stati eliminati i fuochi d'artificio. DIRETTE TV E ONLINE - I lettori di Corriere.it potranno seguire via web l'evento grazie alla diretta su questo sito in collaborazione con Current Tv. Dirette televisive sono previste da La7 e Raitre (dalle 18). Su Sky Tg24 diretta non-stop fino a mezzanotte. 19 gennaio 2009(ultima modifica: 20 gennaio 2009)
Obama presidente Il programma della giornata Ecco il programma della giornata di insediamento del 44esimo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Tra parentesi l'orario in Italia San Francisco Boys & Girls Choruses San Francisco Boys & Girls Choruses Ore 10 (ore 16) Campidoglio - Inizio della cerimonia con interventi di ospiti, personaggi e artisti. Tra gli ospiti molti protagonisti di battaglie per i diritti civili. La parte musicale prevede la banda della Marina, il San Francisco Boys & Girls Choruses. Massaggio augurale della senatrice Dianne Feinstein. A seguire la preghiera del pastore evangelico Rick Warren quindi, ancora per la musica, una canzone eseguita da Aretha Franklin. Ore 11.30 (17.3o) -Campidoglio - Giura il vice presidente eletto Joe Biden, introdotto dal giudice della Corte Suprema J. P. Stevens. Musica di John Williams, con Itzhak Perlman (violino), Yo-Yo Ma (violoncello), Gabriela Montero (piano) e Anthony McGill (clarinetto). Ore 12 (ore 18) - Campidoglio - Giuramento di Barack Obama, davanti al giudice della Corte Suprema John Roberts, sulla Bibbia che aveva usato per l'insediamento Abraham Lincoln. Subito dopo è previsto il primo discorso di Barack Obama da Presidente degli Stati Uniti. Quindi è prevista la benedizione da parte del reverendo Joseph E. Lowery e l'esecuzione dell'inno nazionale da parte del coro della Us Navy. Ore 13 (ore 19) -Campidoglio - Pranzo del neo presidente con i rappresentanti del Congresso Ore 14 (ore 20) -Campidoglio- Casa Bianca - Barack Obama guida il corteo lungo Pennsylvania Avenue fino alla Casa Bianca (guarda la mappa) dove farà il suo ingresso come 44esimo presidente degli Stati Uniti In serata - Obama partecipa a ben dieci balli inaugurali 20 gennaio 2009
"No party " per Tom Hanks Prima al freddo e poi a casa Nella festa della columnist più graffiante e sfrontata di Washington Tom Hanks (Reuters) Tom Hanks (Reuters) WASHINGTON – Tom Hanks non è neppure riuscito a entrare. E’ rimasto in fila al freddo per 20 minuti sul marciapiede della N Street. Poi, un po’ irritato, è ripartito insieme al suo piccolo gruppo di amici col quale era arrivato. E’ stato l’unico neo della serata, che ha segnato il definitivo trionfo mondano di Maureen Dowd, l’enfant-terrible del New York Times, la columnist più graffiante e sfrontata di Washington, capace di mescolare in modo sublime gossip e brillante analisi politica. GLI OSPITI - C’erano tutti, ma proprio tutti, al cocktail di prima serata che Dowd ha ospitato lunedì nella sua bella casa di Georgetown. Steven Spielberg è rimasto tutto il tempo al piano superiore. George Lukas è stato più colloquiale, divertendosi ad argomentare con la padrona di casa sul paragone, da lei coniato, tra Darth Wader, il cattivo di Guerre Stellari e Dick Cheney. Nelle stanze, attorno ai tavoli pieni di polpette di granchio e gamberoni in cocktail, ci si muoveva appena: l’ex capo della Fed, Alan Greenspan e Diane von Fuerstenberg; la prossima ambasciatrice all’Onu Susan Rice e il mogul di Hoollywood David Geffen. Tutte le stelle passate e presenti del giornalismo americano: lo storico anchor della Nbc Tom Brokaw e l’ex direttore del Washington Post Ben Bradley, Anderson Cooper della Cnn e Brian Williams della Abc, l’influente critico gastronomico del New York Times Frank Bruni e l’editorialista conservatore dello stesso giornale David Brooks. Un po’ in disparte, forse gelosa dell’anfitrione, Arianna Huffington, regina dell’Huffington Post, neo Bibbia dei radical chic. Si è presa la rivincita ieri sera, con il suo mega party al Newseum, il museo della notizia. Paolo Valentino 19 gennaio 2009
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito http://www.repubblica.it/2009-01-21 Una giornata che ha voluto riconciliare l'America divisa da 8 anni di guerra Nel discorso di Obama, una svolta culturale e poltica profonda Addio all'ideologia di Bush Obama tende la mano al mondo di VITTORIO ZUCCONI Addio all'ideologia di Bush Obama tende la mano al mondo Barack Obama WASHINGTON - "Un uomo che sessanta anni or sono non sarebbe neppure stato servito in un ristorante, oggi presta giuramento per assumere la più alta carica della nazione". Da queste parole, che riassumono senza retorica e senza arroganza l'enormità di quello che abbiamo visto ieri a Washington, deve partire il racconto di una giornata che ha voluto riconciliare l'America straziata e divisa da otto anni di guerra ideologica e di guerra militare, da "falsi dogmi e false promesse". E che non si può più permettere di tergiversare o di nascondersi nella partigianeria: "Se siamo arrivati sotto nubi nere che si addensano sopra di noi è perché non abbiamo fatto le scelte difficili. Il tempo di farle comincia oggi". Ben oltre l'emozione di un giorno e di una folla come Washington non aveva mai visto nella propria storia, non per funerali, celebrazioni, insediamenti, dimostrazioni che pure l'hanno investita e allagata per due secoli, l'esordio di Barack Hussein Obama ha mostrato, sotto l'eleganza dell'oratoria e della presentazione, le unghie di una svolta culturale e politica profonda, che si può riassumere nella necessità di rispettare insieme "il diritto" e i "valori della democrazia", non potendo l'una esistere senza gli altri. Ci si attendeva una "lista della lavandaia" di promesse e programmi di azione alla New Deal, che non ha fatto. Quello che ha fatto è stato rovesciare l'ottica miope della cultura repubblicana dominante tra Reagan e Bush e riportare il mondo al centro delle preoccupazioni americane, e non più l'America al centro del mondo. Questo senso di un capovolgimento della clessidra, della riapertura a un mondo che l'angoscia delle Torri Gemelle aveva sbarrato nell'unilateralismo bushista e nella seduzione della forza è quello che ha portato ieri forse due milioni di persone lungo i tre chilometri della spianata fra il Congresso e il mausoleo di Lincoln. Erano turisti della storia e della speranza venuti dall'Africa e dall'Asia, dal Caribe e dall'Europa, da tutti gli stati americani per rinnovare quel patto di ammirazione e di solidarietà ideale con un'America dalla quale si erano sentiti traditi. O considerati come pedine da spostare o rovesciare in base a teorie, dottrine o false teoremi. Invece "il terreno ci è cambiato sotto i piedi e non possiamo continuare come prima". L'illusione di poter proteggere una democrazia dai propri nemici interni ed esterni sottraendo pezzi di diritti costituzionali nel nome della sicurezza viene catalogata tra "le false promesse e i falsi dogmi". Il resto del mondo va affrontato "in pace, con dignità e umiltà", perché la forza militare "da sola non ci protegge, né ci autorizzare a fare quello che vogliamo". "Noi tendiamo la mano a tutti coloro che la tendono aperta verso di noi, sciogliendo il pugno". Siamo non soltanto oltre il bushismo o almeno quella cosiddetta e mai ben definita "dottrina Bush" che fu adottata nel panico dopo l'orrore dell'11 settembre, ma anche oltre il "pagare ogni prezzo o portare ogni peso" di John F. Kennedy alla sua inauguration del gennaio 1961. Non mancheranno coloro che accuseranno questo giovane uomo che nasconde sotto un autocontrollo titanico le emozioni che abbiamo visto sgorgare quando la moglie gli ha posato la mano guantata sulla spalle per calmarlo durante un'esecuzione musicale completamente inutile e poi nell'impappinarsi al momento di giurare, di essere un ingenuo, un "buonista", che non capisce la realtà oltre il Potomac. Ma ancora più deluso sarà che si era immaginato che da lui sarebbe venuto l'annuncio di manifesti ideologici, di programmi pubblici di lavoro e di investimenti che ha ridotto invece alla promessa di puntellare l'economia, non di sostituire lo Stato al mercato. "Il governo non è né la soluzione né il problema", come i vecchi liberal e i nuovi reaganiani avevano sostenuto dogmaticamente accapigliandosi senza mai risolvere il dramma delle recessioni periodiche. Il problema è sapere fare le "scelte difficili" quando vanno fatte, di "tenere gli occhi sempre aperti e vigili sul mercato" che lasciato a se stesso "si avvita fuori controllo. Arriveranno regole, tasse (da pagare, non da evadere) e fiumi di danaro pubblico su imprese e infrastrutture. E soprattutto, è urgente il ritorno alla "responsabilità", la parola sulla quale ha insistito e già batteva in campagna elettorale, mentre i repubblicano lo dipingevano come la reincarnazione di Marx e ed Engels, irritando anche la propria base afro Americana, abituato a essere coccolata e lisciata dei predicatori del vittimismo. La piccola, e per ora soltanto retorica, rivoluzione culturale che il 44esimo presidente Americano ha proposto, incarnando come nessun avrebbe potuto fare in maniera più evidente l'ansia collettiva di cambiare, sta nel promettere di riportare al cuore dell'amministrazione pubblica "verità, responsabilità e diritto", non "i falsi dogmi", sventolati per dividere e vincere le elezioni, senza poi poter governare. Certamente, "sconfiggeremo i terroristi", "lasceremo l'Iraq al suo popolo", "tenderemo la mano a chi aprirà il pugno e scioglierà la sua mano". Ma questo presidente, l'uomo che non avrebbe potuto entrare in gabinetto pubblico una generazione fa e da ieri notte dorme con le due figlie bambine (ammesso che siano riuscite a dormire) nella casa dove anche Churchill sentiva gli spettri, ha risposto alla folla che ha risposto a lui ricordando che l'America ha vinto le proprie guerre con la potenza della propria "umiltà" e con la difesa dei propri valori civili e non con la "falsa scelta" (quante volte questa allusione al "falso" è tornata nel discorso tra cannoni e costituzionale. Una verità che nessuno come qualcuno che ha "sentito schioccare la frusta sulla pelle" dei proprio fratelli e sorelle potrebbe testimoniare meglio, nel giorno in cui l'America migliore sembra essere finalmente tornata fra noi, nel mondo. (21 gennaio 2009)
L'ANALISI La religione civile di Barack di ALEXANDER STILLE La religione civile di Barack L'inaugurazione di Barack Obama, oltre a molte altre pietre miliari (il primo presidente nero della storia americana) segna anche un evento rivoluzionario nella storia dei media mondiali. Grazie alla Rete, che è entrata nelle vite quotidiane di milioni di persone in tutto il mondo solo negli ultimi anni, e grazie alla centralità assoluta degli Stati Uniti in questo particolare momento, essendo l'unica superpotenza di un mondo fortemente globalizzato, l'elezione e l'inaugurazione di Obama sono diventate un evento mondiale come nessun'altra elezione americana era mai stata prima d'ora. Bisogna tornare forse al giubileo della regina Vittoria, il cinquantesimo anniversario del suo regno, quando la Gran Bretagna regnava su metà del pianeta in una sorta di globalizzazione ante litteram, per trovare una cerimonia politica nazionale che ha avuto un seguito tanto ampio. I sovrani di tutta Europa, undici primi ministri coloniali e numerosi maharaja indiani parteciparono a quell'evento, che fu seguito dalla neonata stampa quotidiana, di ogni parte del mondo. Ma l'elezione di Obama naturalmente è qualcosa di diverso, che mescola elementi della cultura contemporanea della celebrità con forme nuove e innovative di democrazia partecipativa e sentimenti profondi, emotivi, potremmo dire quasi religiosi. "Un incantesimo che aprirà una nuova America" recitava oggi il titolo del quotidiano britannico The Guardian. Molti non americani dicevano, un po' per scherzo, durante la campagna elettorale, che anche gli altri paesi dovevano avere la loro quota di voti elettorali nelle elezioni americane, considerando l'impatto del paese sugli affari mondiali. I giovani francesi, tedeschi e italiani hanno seguito la candidatura di Obama e hanno esultato per le sue vittorie come se alle elezioni nazionali avesse vinto il loro partito. Io guardo costantemente le pagine Facebook di italiani - giovani e vecchi - con obamerie varie, simboli e messaggi, come se lui fosse uno "di casa". In un esempio di transfert estremo, la leader dei socialisti francesi, Ségolène Royal, avrebbe detto che la sua campagna aveva "ispirato" Obama e che lui aveva copiato le sue tattiche, suscitando una certa dose di ilarità e ridicolo in Francia. "Evidentemente c'è stato un problema di traduzione e Obama ha frainteso i suoi insegnamenti, perché lui ha vinto", ha commentato un lettore sul sito di Le Monde. Un editorialista del Times londinese ha scritto: "Domenica sera ho sognato Barack Obama. Milioni di persone lo sognano". Obama è diventato una specie di test delle macchie di Rorschach universale, dove ognuno vede quello che vuole vedere. Al tempo stesso, assistere alla curiosa coreografia dell'inaugurazione di Obama - per molti non americani è la prima volta - potrebbe produrre uno shock. Il giuramento sulla bibbia di Lincoln, i riferimenti a Dio, la lunga preghiera che ha preceduto il discorso del neopresidente, lo sfrontato patriottismo e il sentimento sublime di una finalità nazionale specificamente americana sembrano qualcosa di profondamente estraneo per molti europei. Oltre a esporre elementi familiari del suo programma, Obama ha fatto riferimenti specifici alla grandezza dell'America, a Dio e ai padri fondatori. Quello a cui stanno assistendo è una tradizione retorica peculiare ma importantissima, appropriatamente definita la "religione civile dell'America". Secoli di guerre di religione hanno bandito Dio dal discorso pubblico in gran parte dell'Europa, e il flagello del fascismo ha reso il nazionalismo qualcosa di molto controverso sul vecchio continente: per questo la liturgia civica americana sembra qualcosa di arcaico ed estraneo. (Un articolo su queste pagine, appena qualche giorno fa, sottolineava l'assenza della religione civile in Italia.) Più di quarant'anni fa, il sociologo americano Robert Bellah scrisse un saggio fondamentale intitolato La religione civile in America, partendo dai numerosi riferimenti a Dio e a un fine superiore presenti nel discorso inaugurale di John Kennedy. Kennedy iniziò con queste altisonanti parole: "Oggi non assistiamo alla vittoria di un partito, ma alla celebrazione della libertà, che simboleggia una fine, oltre che un inizio, che esprime il rinnovamento, oltre che il cambiamento. Eppure le stesse convinzioni rivoluzionarie per cui i nostri antenati hanno combattuto sono ancora in forse in tutto il mondo, la convinzione che i diritti dell'uomo non vengono dalla generosità dello Stato ma dalla mano di Dio". Essendo situate generalmente all'inizio e alla fine del discorso, queste pennellate religiose potrebbero essere liquidate come specchietti per le allodole, ammiccamenti agli elettori religiosi bisognosi di rassicurazione. Invece, Bellah sosteneva che rivestivano un ruolo centrale nel discorso di Kennedy e nel linguaggio politico americano fin dai tempi della Dichiarazione di indipendenza di Jefferson: "Noi consideriamo manifeste tali verità, e cioè che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che sono stati dotati dal Creatore di determinati diritti inalienabili, che tra questi diritti c'è la vita, la libertà e la ricerca della felicità". Abramo Lincoln, il presidente preferito da Obama, era intriso del linguaggio di Jefferson e di quello della Bibbia quando creava la retorica pregnante della guerra civile americana, che fornì il carburante emotivo per la guerra, per salvare l'unione, abolire la schiavitù, ma anche promuovere la riconciliazione nazionale dopo la fine del conflitto. "Con malizia verso nessuno, con carità verso tutti", disse Lincoln nel suo secondo discorso inaugurale. Martin Luther King usò il linguaggio jeffersoniano e la cadenza biblica per radunare milioni di persone in difesa della causa dei diritti civili. Naturalmente, come riconosce Bellah, la religione civile dell'America non sempre è stata usata a fin di bene. È stata usata come giustificazione per il Manifest Destiny [la "missione" degli Stati Uniti di espandersi nel continente americano], la guerra contro il Messico e per la negazione dei diritti civili e politici degli indiani. Ovviamente, George Bush ha usato una sua forma di religione civile con i suoi discorsi sull'"asse del male" e la sua affermazione che la libertà era un diritto divino che l'America aveva il dovere di diffondere in tutto il mondo. Ma considerando la profonda forza emotiva di questo linguaggio, e alla sua capacità di fissare le priorità nazionali - la guerra alla povertà, la corsa alla Luna, i diritti civili - Obama è sempre stato estremamente abile nell'attingere al filone jeffersonian-lincolnian-kennedian-martinlutherkinghiano di questa tradizione. Il nuovo presidente cerca di sfruttare la forza di questa tradizione per contrastare la versione più nazionalistica usata da Bush, e per metterla al servizio del suo nuovo e diversissimo programma. (Traduzione di Fabio Galimberti) (21 gennaio 2009)
2009-01-20 L'America è in festa inizia l'era di Obama Barack Obama giura per diventare il 44esimo presidente degli Stati Uniti. Oltre un milione di persone a Washington per assistere allo storico insediamento, fra imponenti misure di sicurezza. Metropolitane prese d'assalto dalle 4 del mattino, la capitale è un enorme centro pedonale. Dopo la visita alla St. John's Church, gli Obama sono stati ricevuti alla Casa Bianca dai Bush per un caffè prima di dirigersi al Campidoglio.
16:37 E' di Isabel Toledo l'abito di Michelle Obama Michelle Obama ha scelto una stilista cubano-americana trapiantata a New York per l'abito della mattina del giuramento. Isabel Toledo, nata a Cuba e che lavora da anni nella Grande Mela, ha disegnato il completo giallo damascato con cui la nuova First Lady è entrata alla Casa Bianca. La Toledo è considerata una degli stilisti Usa più all'avanguardia. 16:32 Iniziata la cerimonia al Campidoglio La banda della marina statunitense ha iniziato a suonare secondo programma alle 10 ora locale, le 16 in italia, mentre gli illustri ospiti che hanno accesso alla tribuna d'onore cominciano a riempire i loro posti. Ora davanti al Campidoglio si attende Barack Obama.
16:30 Incidente in metropolitana, caduta donna sui binari Incidente ad una delle stazioni della metropolitane di Washington: le autorità hanno riferito che a causa dell'incredibile affollamento una donna di 68 anni è caduta sui binari e un bambino è svenuto schiacciato dalla folla. Le autorità si sono limitate a precisare che la donna, che sarebbe stata colpita da un treno in arrivo, è viva, ma non hanno fornito ulteriori dettagli. Nessun ulteriore dettaglio è stato fornito sul bambino. 16:27 A rischio nomina all'unanimità di Hillary Clinton Hillary Rodham Clinton potrebbe non essere confermata oggi all'unanimità segretario di stato americano a causa del parere contrario di un singolo senatore. Lo ha comunicato un portavoce di Harry Reid, il leader della maggioranza democratica al Senato. Il repubblicano John Cornyn ha anticipato che bloccherà l'iniziativa per confermare la Clinton con un consenso all'unanimità, senza che sia necessaria una votazione (è sufficiente che un senatore si opponga per rendere la votazione necessaria). Ma Manley ha spiegato che domani ci sarà un voto per appello nominale e ha previsto che l'ex first lady "riceverà uno schiacciante sostegno bipartisan" in quella circostanza. 16:13 Fbi: "Minacce da terroristi islamici per azione dimostrativa" L'intelligence americana ha ricevuto indicazioni in base alle quali un gruppo islamico somalo avrebbe intenzione di organizzare una azione dimostrativa durante la cerimonia di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Come scrive la stampa americana, la minaccia non viene però presa molto sul serio, essendo le indicazioni ricevute piuttosto vaghe e generiche. Lo precisano in un bollettino congiunto, pubblicato in queste ore. Il gruppo in questione è al-Shabaab, e ci sarebbe una cellula di loro simpatizzanti attiva negli Stati Uniti. 16:04 Foto di famiglia per i Bush e gli Obama alla Casa Bianca Foto di famiglia per i Bush e gli Obama sulla soglia della Casa Bianca: George e Laura hanno accolto infatti Barack e Michelle all'ingresso della residenza presidenziale. Le due coppie si sono salutate affettuosamente e Michelle ha anche consegnato un regalo a Laura, un pacco con fiocco rosso. Poi sono entrati per il caffè di rito, prima di lasciare tutti insieme al Casa Bianca per il Campidoglio. 15:56 Obama e Michelle alla Casa Bianca Barack Obama e Michelle sono stati accolti da George W. Bush e la moglie Laura alla Casa Bianca. Con loro sono arrivati il vicepresidente Joe Biden e la moglie Jill, per fare colazione con il presidente uscente e signora. Bush e Obama partiranno poi insieme per raggiungere il Campidoglio, dove avviene la cerimonia di giuramento presidenziale. 15:51 Obama e Michelle usciti dalla chiesa di St. John's Obama e Michelle sono usciti dalla chiesa di St. John's e sono risaliti nella berlina nera che li porterà alla Casa Bianca dove hanno appuntamento con George W. Bush e Laura per colazione. 15:49 Iushenko chiede sostegno per adesione Nato Il presidente ucraino Viktor Iushenko ha chiesto oggi al presidente Usa Barack Obama di continuare a garantire il sostegno degli Stati Uniti all'aspirazione del suo Paese di entrare nella Nato. "In Ucraina apprezziamo il sostegno degli Usa al nostro processo strategico in vista dell'adesione alla Nato", ha dicharato Iushenko in un comunicato diffuso prima dell'investitura di Obama. "Speriamo che una cooperazione fruttuosa proseguirà con il vostro governo, in particolare, in questo settore", ha aggiunto. 15:24 In 320mila hanno preso la metropolitana Circa 320 mila persone hanno preso la metropolitana di Washington per recarsi nel centro della città e seguire dal National Mall la cerimonia di investitura del nuovo presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Secondo una portavoce della Metrorail, Lisa Farbstein, alle 08:00 locali, le 14:00 italiane, esattamente 318.422 persone avevano preso la metropolitana, un numero probabilmente mai visto in così poco tempo. 15:15 Folla in metropolitana canta: "Goodbye Bush" Al culmine dell'eccitazione per l'Inauguration day, una folla di decine di migliaia di persone, stipate nella metropolitana di Washington, ha iniziato a intonare il canto "Goodbye Bush, Goodbye Bush" nella stazione "L'Enfant Plaza". 15:12 Papa: "Costruire società giusta, Obama pensi ai poveri" "Possa il popolo americano sotto la sua leadership - scrive il Papa nel suo messaggio di auguri a Obama - continuare a trovare nell'impressionante eredità religiosa e politica i valori spirituali e i principi etici necessari per cooperare nella costruzione di una società veramente giusta e libera segnata dal rispetto per la dignità, l'uguaglianza e i diritti di ognuno dei suoi membri, specialmente i poveri, gli esclusi, e coloro che non hanno voce". 15:09 Lula a Bush: "Se ti annoi in Texas, vieni a pescare" Che Lula e Bush siano sempre andati d'accordo, nonostante le differenze ideologiche, non è una novità. Ma ha comunque stupito l'invito rivolto all'ormai ex-presidente americano da parte del presidente brasiliano. Quando ha fatto ieri un giro di telefonate ufficiali d'addio a numerosi capi di Stato, George W. Bush ha ripreso la vecchia storia della "sensazione di aver compiuto il mio dovere". Lula lo ha ascoltato pazientemente e gli ha risposto: "Quell'invito ad una bella partita di pesca qui da noi è sempre valido. Se ti stufi di stare in Texas, vieni a prendere pesci di quelli grandi in Brasile". 15:07 Abito dorato per Michelle, scuro per il marito Michelle Obama ha scelto di vestirsi in color giallo dorato, in un abito con giacca e soprabito in tinta, impreziosito da un elegantissimo tessuto damascato. In sobrio completo scuro, invece, Barack Obama. 15:02 Con Obama un centinaio di amici a Washington Barack Obama ha voluto riunire intorno a sè - per celebrare il giorno del suo insediamento - un centinaio circa dei suoi amici più cari, siano essi ex compagni di scuola delle superiori, ex professori del college, compagni di squadra a basket o mentori politici, quasi un quadro delle persone, dei volti e dei momenti che lo hanno accompagnato fino alla presidenza, scrive il Washington Post. 14:57 Auguri a Obama dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra La regina Elisabetta II d'Inghilterra ha mandato un messaggio personale di auguri al presidente Usa Barack Obama nel giorno del suo insediamento. Non sono note le parole della monarca. Da quando è regina, nel 1952, Elisabetta ha incontrato personalmente ogni singolo presidente americano, con l'eccezione di Lyndon Johnson. Quando Obama avrà fatto il suo giuramento, la sovrana d'Inghilterra avrà visto ben 12 presidenti servire gli Usa nel corso del suo regno. 14:53 Bush lascia una lettera per Obama nello Studio Ovale Mantenendo una tradizione della Casa Bianca, il presidente George W. Bush ha lasciato un appunto ''confidenziale'' per il suo successore Barack Obama nell'ufficio dello Studio Ovale. Bush ha scritto la lettera ieri e l'ha lasciata sulla scrivania, chiamata Resolute Desk, perche' costruita con il legname proveniente da una nave britannica che portava lo stesso nome. La portavoce Dana Perino ha detto che si tratta sostanzialmente di una lettera di auguri per il mandato di Obama che va ad iniziare oggi. 14:51 Obama arrivato alla St. John's Church Barack Obama, accompagnato dalla moglie Michelle, è entrato alla St. John's Church, primo appuntamento della giornata dell'insediamento del nuovo presidente. Anche il vicepresidente eletto Joe Biden e la famiglia sono presenti alla cerimonia in quella che è conosciuta come "la chiesa dei presidenti". Gli Obama hanno raggiunto la chiesa con la limousine blindata presidenziale dalla Blair House, la residenza degli ospiti della Casa Bianca, che dista un paio di isolati. Dopo il servizio religioso, gli Obama si recheranno alla Casa Bianca per essere ricevuti dal presidente George W. Bush e dalla moglie Laura. 14:49 Obama lascia la Blair House verso la St. John's Church Obama ha lasciato la Blair House diretto verso la St. John's Church. 14:44 Discorso di Obama durerà 17 minuti Dovrebbe durare 17 minuti il discorso che Barack Obama pronuncerà subito dopo aver prestato giuramento come 44mo presidente degli Stati Uniti, un discorso che dovrebbe essere uno dei più brevi nella storia degli insediamenti. Il suo intervento, ha spiegato lo stesso Obama, servirà a "ricordare alla gente la strada che abbiamo percorso e le sfide straordinarie che abbiamo già superato: abbiamo attraversato momenti difficili in passato e attraverseremo anche questi". 14:43 Papa: "Obama promuova pace e cooperazione fra nazioni" Il Papa nel giorno dell'insediamento di Barak Obama quale 44esimo presidente degli Stati Uniti "prega" perchè questi promuova "comprensione, cooperazione e pace tra le nazioni". Lo afferma un telegramma di Benedetto XVI al neopresidente. 14:23 Sarkozy: "Ho fretta di cambiare il mondo con lui" Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha detto di avere "fretta" che il presidente americano Barack Obama si metta al lavoro per "cambiare il mondo con lui". Sarkozy ha detto ai giornalisti che invierà un messaggio a Obama. 14:21 L'addio di Bush, in partenza per il Texas Dopo aver assistito all'insediamento di Barack Obama, George W. Bush metterà fine ai suoi otto anni a Washington partendo oggi pomeriggio per il Texas con la moglie Laura. In mattinata - alle 15.55 ora italiana - la coppia presidenziale uscente accoglierà Barack Obama e la moglie Michelle alla Casa Bianca per prendere un caffé nel salone azzurro della Casa Bianca; saranno presenti anche il vicepresidente eletto Joe Biden e la moglie Jill. I due presidenti, uscente ed entrante, si recheranno assieme alla sede del Congresso. Dopo il giuramento di Obama, che avverrà alle 18 ora italiana (mezzogiorno a Washington) Bush partirà in elicottero per la base aerea militare di Andrews, nel Maryland. Da lì partirà per Midland nel Texas, dove verrà accolto da festeggiamenti. Poi si trasferirà nel ranch di Crawford. La nuova residenza della famiglia Bush sarà in un ricco quartiere della zona nord di Dallas. 14:01 Sui mercatini gadget di ogni tipo Intorno alla zona del giuramento, c'è un infinito mercatino di futilità destinate a trasformarsi in memorabilia americane targate '20 gennaio 2009'. Su decine e decine di bancarelle allestite durante la notte si vende fin dall'alba di tutto. Ai gadget tradizionali si sono aggiunte cianfrusaglie targate Obama il cui limite è solo la fantasia. Alcuni esempi: boa di struzzo presidenziali bianchi rossi e blu in piuma rigorosamente sintetica (15 dollari); pupazzetti di Obama da mettere tanto in auto quanto in salotto, dotati o meno di illuminazione interna e di testa di Obama semovente (dai 10 ai 50 dollari a seconda delle dimensioni); 'bandierine da inaugurazione', che sono in tutto e per tutto identiche e quelle di sempre ma la sola scritta '01-20-2009' le porta ad essere vendute a 5 dollari l'una (vanno a ruba); magliette con la scritta "I Was There" (io c'ero), il cui prezzo varia dai 10 ai 40 dollari. 13:59 Due chilometri di "mall" riempiti di gente La spianata del Mall di Washington si va riempiendo, per una lunghezza di circa due chilometri, di persone in attesa della cerimonia di inaugurazione di Barack Obama. Secondo le stime, si tratta di un pubblico che già supera il milione di persone. Riprese dall'alto delle Tv americane, che si servono anche di dirigibili, mostrano che il National Mall si è riempito nella notte tra il Campidoglio e il monumento a George Washington, un obelisco lontano un paio di chilometri dal palco dove giurerà Obama. Ma un gran numero di spettatori hanno cominciato a prender posto anche nell'area tra il monumento a Washington e il memorial di Lincoln, lontano circa 3 chilometri dal Campidoglio. Lungo tutto la striscia del Mall, larga 130 metri, sono stati disposti maxischermi, che permettono anche al pubblico più lontano dalla tribuna di seguire il giuramento. 13:55 Berlusconi: "Su Obama grandi speranze, affettuosi auguri" "Su Obama si sono concentrate grandi speranze e attese. Credo che bisogna fare a lui i più affettuosi auguri affinchè possa essere all'altezza delle attese che si concentrano su di lui non solo da parte di tutti gli americani ma da parte di tutto il mondo". A dirlo è il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi proprio nel giorno in cui il nuovo presidente Usa Barack Obama si insedia alla Casa Bianca. 13:53 Washington: "Welcome Mr. President!" "Welcome Mr President! Thank you, Mr President!": così, con questi due enormi striscioni grandi quanto l'intera facciata del Warner Theatre di Washington, la capitale americana si prepara ad accogliere Barack Obama alla Casa Bianca. I due striscioni, su sfondo azzurro, sono stati esposti all'altezza di Pennsylvania Avenue, all'incrocio con l'edifico che ospita il più antico teatro di Washington, il Warner Theatre. La grande parata prevista dopo il giuramento di Obama passerà lì accanto. 13:49 Ségolène Royal: "Io ho ispirato Obama" "Sì, io ho ispirato Obama e i suoi collaboratori ci hanno copiato". A dirlo al quotidiano Le Monde è la socialista Segolene Royal, ex candidata all' Eliseo, affermando che in occasione della campagna presidenziale francese del 2007 il neo presidente americano ha mandato una squadra a Parigi per studiare il suo sito 'Desir d'avenir'. 13:46 Washington è una gigantesca area pedonale Il centro della capitale degli Stati Uniti è da alcune ore una gigantesca area pedonale super protetta e a poche ore dal giuramento di Barack Obama come 44/o presidente, è in corso un afflusso continuo di gente a piedi, in metropolitana e su autobus autorizzati. Le linee della metropolitana cittadina hanno cominciato a venir prese d'assalto alle 4 del mattino - le 10:00 in Italia - da decine di migliaia di persone, armate di biglietti speciali dell'Inauguration con il volto di Obama (già diventati oggetti da collezione). Treni e stazioni, tutti presidiati dalle forze dell'ordine, alle 5 del mattino erano già al massimo della capacità di traffico. Lungo le varie vie di accesso al Mall e a Pennsylvania Avenue, i due punti-chiave delle celebrazioni odierne, è in marcia un popolo variopinto, dove spiccano giovani arrivati da ogni parte dell'America, ma anche un gran numero di afroamericani, spesso avanti negli anni, che sfidano una temperatura poco sotto lo zero. 13:42 Fan in fila ancora prima dell'alba Ancora prima dell'alba decine di migliaia di persone hanno cominciato ad allinearsi a Washington davanti ai punti di controllo che danno accesso alle cerimonie per l'insediamento di Barack Obama. Le misure di sicurezza sono eccezionali, con soldati della Guardia Nazionale, in tuta mimetica, dislocati ovunque nella capitale intorno alla 'zona protetta': l'area di Capitol Hill (il parlamento) ed il percorso della sfilata lungo la Pennsylvania Avenue. 13:41 Strappo alla schiena, Cheney alla cerimonia in sedia a rotelle Non sarebbe potuto essere più mesto il commiato di Dick Cheney dalla Casa Bianca: il vice presidente uscente degli Stati Uniti sarà infatti costretto a presenziare su una sedia a rotelle all'odierna cerimonia d'insediamento di Barack Obama. Cheney, che ha 67 anni, si è fatto male ieri mentre stava traslocando in quella che sarà la sua nuova residenza, procurandosi uno strappo alla schiena spostando alcuni scatoloni. 13:33 In Kenya Kogelo festeggia la sua star C'è aria di gran festa a Kogelo, patria africana del padre del 44mo presidente degli Stati Uniti. Nel sonnacchioso paesino del Kenya che conta normalmente 5mila anime è iniziato il conto alla rovescia per salutare la "nuova era" di un "loro figlio" che diventa presidente del paese più potente del mondo. A riferirlo è la Bbc, raccontando che a Kogelo ci sono donne vestite a festa in coloratissimi 'kangas', i costumi locali, e alcune sfoggiano appuntata sul petto la foto di Obama. Grande assente è la 87enne 'granny Sarah', la nonna del presidente, già volata a Washington per assistere al giuramento del nipote. 13:30 Oggi lo storico giuramento, 8mila addetti alla sicurezza In moltissimi assisteranno oggi a Washington al giuramento come presidente degli Stati Uniti di Barack Obama, il primo afroamericano a salire alla massima carica del paese. Un evento storico, in un paese dove fino a 40 anni vigeva la segregazione razziale in molti stati e dove la piena integrazione dei neri non è ancora raggiunta. Ottomila addetti alla sicurezza vigileranno sull'Inauguration Day, per la quale è prevista un temperatura rigida, un grado sotto zero. La cerimonia comincerà alle 16:00 ora italiana (mezzogiorno a Washington) sul lato ovest di Capitol Hill, il parlamento Usa. Obama giurerà intorno alle 18:00 sulla Bibbia di Abramo Lincoln, di fronte al presidente della Corte Suprema.
Alla vigilia dell'insediamento il presidente fa l'imbianchino per i poveri "Se vogliamo avanzare nel nostro cammino dobbiamo marciare insieme" America in festa nel giorno di Obama "Io un nero, giuro per tutto il popolo" dal nostro inviato MARIO CALABRESI America in festa nel giorno di Obama "Io un nero, giuro per tutto il popolo" WASHINGTON - Nel cuore dell'area più povera e violenta di Washington, nel quartiere nero di Anacostia dove si commettono la metà degli omicidi della Capitale, il pastore della Chiesa battista "Solid Rock" ha piazzato un immenso cartello: "Il sogno di Martin Luther King si è avverato: Obama presidente". Per la prima volta nella storia un afroamericano entra alla Casa Bianca, per la prima volta nella storia il giuramento di un presidente diventa un momento cruciale per la vita dei ghetti neri. La scuola elementare Abram Simon, che sta ancora più a sud di Anacostia al confine con il Maryland, detiene un significativo primato: più della metà dei 332 bambini che la frequentano abbandona gli studi prima dell'ultimo anno. Sono tutti neri, all'ottanta per cento vengono da famiglie che vivono sotto la soglia di povertà e per anni sono stati il simbolo dell'esclusione. L'edificio, costruito in mezzo a case popolari e villette fatiscenti, ha le sbarre a tutte le finestre e somiglia più ad un piccolo carcere che ad una scuola. Ma per la prima volta le maestre si sono convinte che le cose possano cambiare davvero: all'ingresso la preside ha messo accanto alla foto di Martin Luther King quella di Barack Obama e ieri mattina ha accolto 200 volontari che per tutto il giorno hanno lavorato ad una grande ristrutturazione. La scuola è stata interamente ridipinta, hanno costruito una biblioteca, portato libri e fumetti per i bambini e c'è stato un concerto. La nonna di uno degli scolari, imbaccuccata in una sciarpa di lana con ricamato il nome di un nuovo presidente, fotografa il nipote che canta e si commuove: "Questa volta la storia si è ricordata di noi". Barack Obama ne è convinto: "C'è un'intera generazione - ha detto al Washington Post - che crescerà dando per scontato che il più importante ufficio al mondo è occupato da un afroamericano. Questa è una cosa radicale: cambierà il modo in cui i bambini neri guardano a se stessi e cambia anche il modo in cui i bambini bianchi guardano a quelli neri. Non dobbiamo sottovalutare la forza di questo". E i neri americani non lo sottovalutano: sentono che è avvenuta una rivoluzione, sentono più di tutti il senso storico del momento, ieri hanno invaso il cuore bianco di Washington e oggi lo faranno di nuovo. Sono sempre stati maggioranza nella capitale (dei 600 mila abitanti, il 55 per cento sono afroamericani) ma ora la periferia si sente protagonista, vuole festeggiare, farsi vedere. Il fiume di persone che occupa il Mall, che si ferma davanti ai cancelli della Casa Bianca, che vuole vedere il palco da cui tra poche ore parlerà Obama, è in maggioranza nero, in un Paese in cui gli afroamericani sono poco meno del 13 per cento. "Quello che io spero di modellare - ha spiegato Obama - è un modo di interagire con le persone che non sono come te e che non sono d'accordo di te". Che la strada sia quella lo hanno detto le elezioni e lo dicono due sondaggi pubblicati ieri, secondo cui il razzismo è in ritirata in America. Non importa che oggi i suprematisti bianchi e gli appartenenti al Ku Klux Klan hanno promesso di mettere il lutto al braccio ed esporre la bandiera alla rovescia, importa che due terzi degli americani si dicano d'accordo con il pastore battista di Anacostia: il sogno del reverendo King si è compiuto. Ieri l'America ha celebrato il leader dei diritti civili con una giornata di festa, che Obama ha voluto trasformare in un giorno di azione e di impegno per la comunità: in tutto il Paese ci sono stati più di 11mila eventi sociali come quello della scuola elementare Simon. Il futuro presidente, in maniche di camicia, ha fatto l'imbianchino, dipingendo di azzurro le pareti di un centro d'accoglienza per adolescenti senzatetto. Il suo vice, Joe Biden, si era invece trasformato in un carpentiere per una ong che costruisce case per gli homeless. "Il sogno di Martin Luther King - ha sottolineato Obama - era che tutti gli uomini potessero condividere la libertà di fare nella vita ciò che desiderano e che i nostri figli possano raggiungere traguardi più alti dei nostri. Io giurerò per tutto il popolo americano unito nel nome del reverendo King, perché i nostri destini sono inestricabilmente legati l'uno all'altro e se vogliamo avanzare nel nostro cammino dobbiamo marciare tutti insieme". E oggi spera di farcela ad essere sotto le scale del Campidoglio anche Ann Nixon Cooper, la donna nera di 107 anni che Obama ricordò nel suo discorso la notte della vittoria a Chicago, arriverà da Atlanta e dovrebbe sedere vicino ai nove compagni di classe che più di cinquant'anni fa sfidarono la segregazione razziale per entrare tra i banchi del liceo di Little Rock in Arkansas, riservato fino ad allora a 1900 ragazzi bianchi. Per proteggerli il presidente Eisenhower dovette mandare l'esercito. Oggi un capitolo si chiude per sempre e per averlo ben chiaro bastava leggere ieri l'editoriale del Meridian Star, quotidiano del Mississippi, che si è scusato per non aver mai denunciato "L'ingiustizia della segregazione razziale". (20 gennaio 2009)
Alle 12 di oggi (ora Usa) Obama giura per diventare il 44esimo presidente degli Stati Uniti: le tappe dell'Inauguration Day Obama, il giorno dell'incoronazione le celebrazioni a Washington ora per ora Obama, il giorno dell'incoronazione le celebrazioni a Washington ora per ora WASHINGTON - Il giorno dell'insediamento di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti è arrivato. Ecco le tappe dell'Inauguration Day di oggi. Alle 8.00 ora locale (le 14 in Italia) a Washington aprono i cancelli della Federal Hall per l'insediamento del 44esimo presidente, dove a mezzogiorno in punto, come da tradizione, si chiude il capitolo di Bush e si apre l'era di Obama. Il presidente eletto giurerà pronunciando le 35 parole previste dall'articolo 2 della Costituzione americana alle quali aggiungerà "so help me God" (che Dio mi aiuti, ndr.) appoggiando la mano sulla Bibbia che fu del beneamato Abraham Lincoln, il presidente che costituisce un modello e fonte d'ispirazione principale per il nuovo inquilino della Casa Bianca: sarà Michelle Obama a sorreggerla. Il primo appuntamento è alle 8.45 (ora locale, le 14.45 italiane), quando Barack Obama assisterà ad una funzione privata presso la Chiesa Episcopale di San Giovanni, che si trova proprio di fronte alla Casa Bianca, in Pennsylvania Avenue, ed è conosciuta proprio come ''la chiesa dei Presidenti''. Alle 10.00 (le 16 in Italia) iniziano i festeggiamenti, con esibizioni della banda della Marina Usa e del Coro dei San Francisco Boys and Girls. Alla stessa ora Obama incontrerà alla Casa Bianca il presidente Bush ed insieme si recheranno al Campidoglio per le cerimonie inaugurali, che avranno inizio alle 11.30 (17,30). L'introduzione è affidata alla senatrice democratica della California Dianne Feinstein. Seguiranno la preghiera del reverendo Warren e l'esibizione di Aretha Franklin. Poi il giuramento del vicepresidente Joe Biden, le performance dei musicisti Itzhak Perlman, Yo-Yo Ma, Gabriela Montero e Anthony McGill. Alle 12 (le 18), il giuramento di Obama, subito dopo il discorso inaugurale del presidente. Poi, ci sarà la lettura da parte della poetessa afro-americana Elizabeth Alexander di un'ode, la benedizione del reverendo Lowery e l'esecuzione dell'inno nazionale da parte della banda della marina. Alle 12.45 la scena che tanti attendono da mesi: Obama accompagnerà Bush alla cerimonia e poi, insieme alla famiglia e a quella di Biden, parteciperà ad un pranzo ospitato dal Congresso presso la Capitol Statuary Hall. Alle 14 (le 20 in Italia) partirà la parata inaugurale, con il passaggio lungo Pennsylvania Avenue e l'ingresso alla Casa Bianca. Tutta dedicata ai festeggiamenti la serata, cui Barack e Michelle daranno il via con il primo ballo, quello principale: il Neighbourhood Inaugural Ball, che inizia alle 7 di sera (l'1 del mattino) al Washington Convention Center. Aperto al pubblico, è un po' il simbolo dell'impronta "democratica" della nuova presidenza. In serata il presidente pronuncerà un nuovo discorso. Gli eventi, in tutta la città di Washington, saranno circa una decina e gli Obama hanno promesso di partecipare a tutti. Tra quelli in programma: il ballo dei giovani americani, (18-35 anni), il ballo inaugurale Home States degli Obama, con invitati dell'Illinois e delle Hawaii, il ballo dei Biden (invitati del Delaware e Pennsylvania), i balli per gli stati dell'Est, del Midwest, del Sud e dell'Ovest e il ballo dello Stato Maggiore, riservato ai militari in divisa. (19 gennaio 2009)
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito http://www.unita.it2009-01-20 Barack è Presidente, il mondo cambia pagina Il boato di entusiasmo di milioni di persone in una Washington in festa, le lacrime di commozione dei neri d'America, l'attesa del mondo per un cambio di rotta della superpotenza planetaria, hanno accompagnato l' inizio della presidenza di Barack Obama. Giurando sulla Bibbia di Abramo Lincoln, l'uomo che riunì il paese e mise fine alla schiavitù, il primo presidente nero nella storia ha promesso di mettersi alla guida di una nuova era segnata dalla vittoria "della speranza sulla paura". "Dobbiamo rialzarci, scuotere la polvere di dosso, e cominciare di nuovo il lavoro di ricostruire l'America", ha detto il 44mo presidente degli Stati Uniti, auspicando l'avvento di un periodo di "responsabilità collettiva" per far fronte alle molte sfide del momento. E quasi a sottolineare la portata del compito che ora attende Obama, nel pieno della peggior crisi economica per gli Usa dalla Grande Depressione, Wall Street ha "salutato" il nuovo presidente con un crollo del 4% del Dow Jones e del 5,61% del Nasdaq. L'unità di sapore lincolniano e il senso di responsabilità sono stati i temi con cui Obama ha voluto cominciare il cammino, con un'implicita critica a ciò che è accaduto negli otto anni appena passati. Con George W.Bush, il protagonista al tramonto ora pensionato in Texas, Obama è stato cavalleresco, concedendo l'onore delle armi e scortandolo fin sulla scaletta dell' elicottero dell' addio. Ma in una giornata di festa di dimensioni che Washington non aveva mai visto in oltre 200 anni di storia, l'uscita di scena di Bush ha avuto le caratteristiche del calo di sipario senza rimpianti di un'amministrazione acciaccata, reso anche visivamente evidente dalle immagini di Dick Cheney in sedia a rotelle (si è fatto male alla schiena durante il trasloco). La lunghissima giornata dell'Inauguration Day, priva di incidenti nelle strade durante il giuramento, ha avuto qualche momento di preoccupazione quando Ted Kennedy, icona del partito democratico, è stato colto da malore durante il pranzo per Obama. L'atmosfera si è fatta d'un tratto tesa dopo ore e ore di festa, prima che l'allarme medico venisse ridimensionato. L'America si è svegliata presto per tenere a battesimo il nuovo presidente. E lo ha circondato di calore ed entusiasmo per tutti il giorno, fino alla notte dei molteplici balli che avevano il neo presidente e la First Lady Michelle come ospiti d'onore. Già alle 4 del mattino, spesso dopo una notte insonne - complici i locali aperti fino a tardi -, i fans di Obama si sono messi in marcia verso il National Mall avvolti in cappotti pesanti per sfidare i 3-4 gradi sottozero. Ore dopo, quando alle 12:04 il nuovo presidente ha messo la mano sulla Bibbia di Lincoln - in ritardo di qualche minuto sull'ora in cui, per la Costituzione, era già entrato in carica -, sul Mall secondo le autorità locali c'erano circa due milioni di persone. Altre 300-350 mila erano lungo Pennsylvania Avenue, in attesa della parata, e decine di migliaia ancora riempivano le altre strade della capitale. Numeri da record, che battono gli 1,2 milioni di persone che salutarono nel 1965 il giuramento di Lyndon Johnson in un paese che si stava riprendendo dal trauma dell'assassinio di Jfk e stava per vivere quelli degli omicidi di Martin Luther King e Bob Kennedy, e del Vietnam. Tutte pagine di storia che hanno fatto da sottotraccia sul Mall, il gigantesco prato dove l'America custodisce le memorie sotto lo sguardo severo della statua dedicata a Lincoln, il presidente che più di ogni altro ha ispirato Obama. Un'area invasa da un mare di persone con un mix quasi omogeneo di volti bianchi e neri, sulla cui sicurezza ha vigilato un imponente apparato antiterrorismo e militare. Washington trasformata in gigantesca area pedonale, con barriere di cemento e cancellate di protezione, non ha comunque offerto l'atmosfera di una città blindata. Anche se uno dei membri del governo, il capo del Pentagono Robert Gates, era nascosto in una località segreta per prendere il comando del paese nel caso un attacco catastrofico avesse annientato la capitale. Affacciato sulla spianata del Mall, Obama ha giurato con alle spalle quattro predecessori (i due Bush, Jimmy Carter e Bill Clinton) e davanti un colpo d'occhio memorabile. "Neppure io avrei potuto creare una ripresa del genere", ha commentato il regista Steven Spielberg, tra i Vip in tribuna. Forse anche un pizzico d'emozione per lo spettacolo offerto dal Mall ha fatto impappinare il presidente della Corte Suprema, John Roberts, che ha invertito le parole del giuramento lasciando interdetto per qualche attimo Obama. Poi tutto è filato liscio e il neo presidente ha potuto concludere con il tradizionale "So help me God" (che Dio mi aiuti), snobbando le proteste da parte degli atei, che ha però subito dopo ripagato nel discorso inaugurale ricordando che l'America è un paese di molte religioni e anche di non credenti. Per il nuovo presidente, in attesa di cominciare a firmare ordini esecutivi, il resto della giornata è stato dedicato a un bagno di folla - a tratti a piedi - su Pennsylvania Avenue, a passare in rassegna la parata e partecipare a balli. E a sera, all'ingresso nello Studio Ovale, Obama ha trovato ad attenderlo un bigliettino che Bush gli ha lasciato in un cassetto. Il contenuto? Top Secret. 20 gennaio 2009
Il Paese del sogno di Concita De Gregorio Come il gospel di Aretha Franklin. Il discorso di Obama è sembrato una specie di preghiera, quasi un poema, un poco una poesia. Breve, semplice che arriva alla gente comune, facile che lo capiscono i bambini. Umile e fermo, confidenziale e sicuro. In crescendo, come il canto della signora nera nel soul che ha cantato per festeggiarlo e per accoglierlo: Obama ha recitato una litania religiosa e laica insieme che in venti minuti ha fatto piazza pulita della retorica vuota e reazionaria del bushismo e ha riportato sulla scena le parole antiche della modernità. Le parole vecchie sono parole vere, ha detto. Le ha scelte con cura da un repertorio a cui ciascuno può dare il nome che crede: democratico, socialista, utopistico, realista, egualitario. Noi, popolo, ha cominciato. Poi le frasi chiave: sei parole ciascuna. Siamo rimasti fedeli ai nostri ideali. La crisi è grave ma ce la faremo. Abbiamo scelto la speranza sulla paura. La grandezza va conquistata. Tutti liberi, tutti uguali, tutti in diritto di perseguire la felicità. Dare agli ultimi non è beneficenza, è la strada più sicura per il bene comune. Rifare l’America: scuola, sanità, energia pulita. Prendersi le responsabilità: non perseguire il piacere della ricchezza e della fama ma la fatica oscura di chi si assume i rischi. Le nostre diversità sono una forza non una debolezza. Il nostro spirito è più forte dell’odio. Al mondo musulmano: interesse, rispetto. A chiunque nel mondo cerchi pace e dignità: eccoci, siamo amici. Sessant’anni fa un uomo come me non era servito al tavolo in un ristorante, oggi sono qui a parlarvi. Poi una lista di aggettivi: gentilezza, altruismo, coraggio, generosità. Ecco il paese del sogno: è un paese gentile, generoso, coraggioso, altruista. Il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con lui, ha detto Obama. Con queste poche parole semplici, così fuori moda nel mondo a cui gli ultimi vent’anni ci hanno ridotti. Responsabilità, sobrietà, rispetto, solidarietà. Cura di ciascuno per il bene di tutti. "A coloro che restano aggrappati al potere con la corruzione e con l’inganno dico: siete dalla parte sbagliata della storia ma vi daremo una mano se sarete disposti ad abbassare il pugno". Siete dalla parte sbagliata. Lavoro e coraggio. Speranza, non paura. 20 gennaio 2009
Il braccialetto del Presidente In pochi minuti è cambiato tutto. Dal sito della Casa Bianca, ieri paludatissimo, e oggi con le foto di Obama. Mica foto ufficiali. Sono scatti di vita comune. Lui con la famiglia, lui con gli operai. E' cambiato anche il look presidenziale. Anzi, Barack è il primo presidente degli Uniti a sfoggiare un braccialetto nella cerimonia che tiene il mondo col fiato sospeso, che fa fermare il pianeta. E' il suo amuleto, dicono. Lo porta da poco meno di un anno. A febbraio del 2008 incontrò in Wisconsin la signora Tracy Jopeck, mamma di Ryan David un soldato ucciso in Iraq da una mina il 2 agosto del 2006. E' un bracciale semplicissimo, nero, con una targhetta d'argento. C'è la data di nascita e di morte di Ryan: aveva vent'anni quando è caduto. Le due date e una scritta; "Tutti hanno dato qualcosa, lui ha dato tutta". Quando la signora Tracy gliel'ha regalato Barack Obama stava correndo per le primarie democratiche e si è commosso. "Non lo toglierò più", aveva detto. E così è stato. Un amuleto ma anche il simbolo del no alla guerra del Presidente. Lo aveva detto a febbraio proprio in Wisconsin, davanti alla folla di sostenitori. Aveva mostrato il bracciale e ricordato la storia di Ryan. "Incontro ogni giorno in tutto il Paese madri e familiari che piangono i loro figli, ma pensano anche a tutte le ragazze e i ragazzi che sono ancora laggiù, chiedendosi quando finirà". Per Ryan, per tutti i morti in Iraq, per chi aspetta a casa, il bracciale di Obama è un altro simbolo di speranza. 20 gennaio 2009
Parola di presidente: tutti meritano la felicità di Furio Colombo Ecco che cosa è accaduto in queste ore in America: un immenso pellegrinaggio civile. Milioni di cittadini sono arrivati a Washington, come fosse un santuario secolare o una meta salvifica, per essere presenti al giuramento e al discorso di Barack Obama, primo presidente nero degli Stati Uniti. L’inaugurazione di un presidente è sempre stato un evento importante e celebrato negli Stati Uniti, forse l’unico Paese democratico in cui le istituzioni hanno conservato il prestigio alto e sacro delle origini persino quando quelle istituzioni sono rappresentate da persone modeste o inadatte. Ma per avere un’idea del giorno 20 gennaio, inaugurazione di Obama presidente, nella città di Washington, occorre ricordare che alla festa di George W. Bush, quattro anni fa, erano convenute a Washington 400mila persone. E che fino ad oggi, il più grande momento collettivo della storia contemporanea americana era stato l’inaugurazione di John Kennedy, quando quasi un milione di americani lo avevano festeggiato a Washington. Questa volta è diverso, è nuovo, sta segnando la storia l’ingresso di un nuovo presidente alla Casa Bianca e al vertice del Paese che pesa di più nel mondo. Gli americani non hanno pensato neppure per un istante di far finta che i presidenti sono tanti, che la politica è sempre lo stesso gioco e che clamorose delusioni sono sempre possibili. Barack Obama, entra invocato dalla folla (un fatto estraneo alle normali cerimonie democratiche), attraversa lo spazio lasciato per lui. Non ride, non sorride. Il volto è attento e pensoso. Per quanto cerchi di ricordarmi delle tante inaugurazioni che ho visto, nessuno mai è stato senza un’ombra di mondanità compiaciuta nel giorno dell’inaugurazione. Lui e l’immensa folla ascoltano il reverendo Warren, il tanto discusso pastore della chiesa di Obama, mentre dice "Ringrazio Dio di vivere in un Paese dove il figlio di un immigrato nero arriva a questo giorno. E mi vergogno - Dio - per un Paese che può rovinare fino a questo punto la sua economia e il lavoro di tanti. Amen". E quando canta, con la sua celebre voce, Aretha Franklyn, quando canta un’indimenticabile "God Bless America", mentre il cielo è pieno di bandiere e in basso si estende all’infinito il mare di folla, Obama non ride e non sorride. Le bambine gli stanno vicino serie, senza toccarlo, la moglie un po’ indietro. Ecco la Bibbia di Lincoln, mai vista o toccata dai tempi di Lincoln, offerta al giuramento del vice presidente Biden. Torna, di profilo, il volto di Obama, il segno intorno alla bocca un po’ più teso e duro. Suonano Isaac Pearl e Yo-Yo Ma mentre trascorre il minuto esatto prescritto dalla Costituzione. Obama è presidente poco dopo mezzogiorno, prima di giurare. Quando giura, il suo nome è Barack Hussein Obama. Quando parla, sempre senza sorridere, forse perché sente l’immenso peso dell’evento, questo dice: "Mi sento umile, grato, consapevole, ansioso. Noi siamo qui perché la Costituzione ci ha portato qui. Siamo in guerra. Quale guerra?, la guerra contro l’odio. Siamo in crisi. Quale crisi? quella della povertà che non finisce e all’improvviso si allarga. È grave la situazione, più di quel che vi dicono. Ma noi siamo quelli che sanno tenere testa. Siamo giovani. Eppure il tempo è venuto per portare a compimento la nobile promessa: tutti sono uguali, tutti sono liberi, tutti meritano la felicità. Noi saremo giudicati non per quello che distruggiamo ma per quello che costruiamo". Il giorno nuovo è iniziato. Dice una voce fra i commenti: non è una transizione. È una trasformazione. 21 gennaio 2009
Il giorno di Obama: un milione al National Hall Oltre un milione di persone sono in fila al National Hall in attesa del giuramento di Obama. Intanto il Papa il Papa "prega" perchè Obama promuova"comprensione, cooperazione e pace tra le nazioni". Lo afferma un telegramma di Benedetto XVI al neopresidente. L'America celebra il proprio 56esimo Inauguration Day, un appuntamento quadriennale che segna l'insediamento del presidente alla Casa Bianca. Ecco il programma della giornata che apre la presidenza di Barack Obama: - PREGHIERA: Franklin Delano Roosevelt ha inaugurato nel 1933 la tradizione, per i nuovi presidenti, di cominciare la giornata in una chiesa della città. Gli Obama si recheranno intorno alle 8:30 locali (le 14:30 in Italia) nella chiesa episcopale St.John's, di fronte alla Casa Bianca. - DALLA CASA BIANCA AL CAPITOL: George W.Bush e la moglie Laura ricevono Barack e Michelle Obama alla Casa Bianca alle 9:55 locali (le 15:55 in Italia). Insieme si recano a Capitol Hill, dove si trova il Campidoglio, sede del Congresso degli Stati Uniti. - CERIMONIA DEL GIURAMENTO: Comincia sul lato ovest del Capitol alle 16:00 (ora italiana). Questi i momenti principali: - Esibizione della banda dei Marines e gruppi musicali. - Apertura della procedura di giuramento con discorso della senatrice Dianne Feinstein. - Preghiera di invocazione: reverendo Rick Warren. - Momento musicale: Aretha Franklin. - Giuramento del vicepresidente Joe Biden, di fronte al giudice della Corte Suprema, John Paul Stevens. - Momento musicale: John Williams dirige Itkhak Perlman, Yo-Yo Ma, Gabriela Montero e Anthony McGill. - Giuramento del presidente Barack Obama, sulla Bibbia del presidente Lincoln, di fronte al presidente della Corte Suprema, John Roberts (alle 12:00 locali, le 18:00 in Italia). - Discorso inaugurale di Obama. - Poesia inaugurale di Elizabeth Alexander. - Benedizione del reverendo Joseph Lowery. - Inno nazionale. - ADDIO DI BUSH: Obama accompagna l'ormai ex presidente George W.Bush in una breve cerimonia di addio. - PRANZO INAUGURALE: Organizzato dal Congresso in onore del nuovo presidente e del suo vice, si tiene nella Statuary Hall del Capitol. Il tema, come tutta la giornata inaugurale, sarà 'A New Birth of Freedom', da un discorso del presidente Abraham Lincoln, di cui si celebra il bicentenario della nascita. Il menù sarà ispirato a piatti amati da Lincoln. - PARATA INAUGURALE: Obama percorre in parata la Pennsylvania Avenue e assiste alla sfilata di gruppi e ospiti invitati da tutte le parti del Paese, prima di entrare alla Casa Bianca. - BALLI INAUGURALI: Il presidente e la First Lady partecipano in serata a una serie di balli inaugurali organizzati in varie sale di Washington. 20 gennaio 2009
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito http://www.ilsole24ore.com2009-01-21 "Una nuova era di responsabilità" 21 Gennaio 2009 Barack e Michelle Obama al ballo dell'inaugurazione © AFP WASHINGTON - In una straordinaria giornata di sole e di grandi emozioni che hanno superato di slancio le barriere razziali, Barack Hussein Obama, è diventato ieri il 44° presidente degli Stati Uniti d'America invocando "una nuova era di pace e di responsabilità", per il suo Paese, ma anche per il mondo intero. Subito dopo il giuramento, sulla stessa Bibbia che usò Abramo Lincoln, Obama, parlando dai gradini del Campidoglio ha chiesto al Paese di rievocare gli stessi valori di libertà, di opportunità, di speranza che hanno consentito a lui "figlio di un uomo che non poteva essere servito a un ristorante 60 anni fa, di poter essere davanti a voi per fare il giuramento più sacro". In nome di quei valori, in un momento difficilissimo per un Paese afflitto da una grave crisi economica e da due guerre, il nuovo presidente ha teso la mano al mondo islamico, ha promesso uguaglianza all'interno, ha riservato parole dure per chi continuerà "a distruggere invece di costruire" e compassione per i più deboli, sia gli individui che le nazioni. "Il nostro Paese è in guerra contro una rete di violenza e di odio. La nostra economia è gravemente danneggiata, conseguenza dell'avidità e dell'irresponsabilità di qualcuno, ma anche del nostro fallimento collettivo nel saper fare scelte difficili e preparare il Paese per una nuova era". È stato questo forse il passaggio più forte e incisivo del suo discorso che ha poi elaborato analizzando sia l'importanza di un ruolo efficace ed efficiente dello Stato che quella di un ruolo incisivo, costruttivo e solido del mercato: "Oggi non dobbiamo chiederci se il Governo è troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona, se aiuta le famiglie a trovare un lavoro e garantire una pensione con dignità". Se la risposta sarà negativa - ha detto - alcuni programmi cesseranno, ne saranno introdotti altri, in grado di "ristabilire la fiducia vitale fra il popolo e il suo Governo". Allo stesso modo - ha sottolineato Obama - "la questione non è se il mercato e una forza del male o del bene. Il potere del mercato nel generare benessere ed espandere la libertà non ha pari. Ma questa crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento, il mercato può andare fuori controllo. Che una nazione non può prosperare quando favorisce solo chi sta già bene. Il successo della nostra nazione non dipende dalla dimensione del nostro prodotto interno lordo, ma da quanto diffusa è la nostra prosperità, non per fare la carità ma per il bene comune". L'amministrazione Obama dunque cercherà nuove regole e nuovi equilibri. Definisce chiaramente un obiettivo ambizioso che è allo stesso tempo post-reaganiano, ma anche post-rooseveltiano. Una sfida, che dovrà raccogliere e superare nei prossimi due anni. Obama ha parlato davanti a una folla oceanica di quasi due milioni di persone, una folla che, dal podio presidenziale, si perdeva sull'orizzonte fino al monumento a George Washington e oltre. Una folla variopinta ed eccitata. Vicino a noi c'erano Puff Daddy, il musicista rap, e la cantate Bionce, c'era l'attore Denzel Washington e altre decine di afroamericani giunti nella capitale per celebrare per sempre la fine di una pagina di storia oscura, quella della schiavitù e della discriminazione razziale. Quando Obama ha cominciato a parlare, Puff Daddy e Denzel Washington si sono alzati, si sono spostati davanti al podio poco sopra di loro e sono rimasti in piedi per tutto il discorso, a rendergli commossi un discreto omaggio: "Un momento così non lo vivrò mai più - ci ha detto commosso Denzel Washington - è un momento che celebro in onore dei miei genitori e dei miei padri". Erano dei simboli, questo cantate e quest'attore, del crogiuolo razziale americano di religioni, di culture che Obama ha definito nel suo discorso come "una forza, non una debolezza. Visto che abbiamo conosciuto l'amarezza della guerra civile e della segregazione; che siamo emersi da un capitolo oscuro più forti e più uniti, non possiamo non credere che gli antichi odi un giorno passeranno; che le linee tribali presto si dissolveranno; che nel momento in cui il mondo diventa più piccolo, la nostra comune umanità sarà in grado di rivelarsi; e che l'America debba svolgere il suo ruolo per aprire una nuova era di pace". È in questo contesto che Obama ieri ha preso atto che l'America dovrà fare di più ha teso la mano al mondo islamico per superare le incomprensioni, ma ha usato parole durissime per coloro che non accetteranno di lavorare all'obiettivo comune della pace e per chi potesse dubitarlo o dubitare della sua determinazione, ha difeso fino in fondo il modello americano di democrazia di mercato: "Non chiederemo scusa per il nostro modo di vivere, non faremo un passo indietro per difenderlo; a coloro che vogliono raggiungere i loro obiettivi con il terrore e il massacro di innocenti diciamo che il nostro spirito e più forte del loro e non sarà spezzato: non poterete durare più a lungo di noi. Vi sconfiggeremo".
Le cinque tecnologie "proibite" dell'amministrazione Obama di Gianni Rusconi Il cambiamento è anche online. E Whitehouse.gov si rinnova Il sogno, la speranza e soprattutto la convinzione di costruire una nuova America passa anche attraverso un grande sforzo di comunicazione. All'interno e all'esterno della struttura governativa e soprattutto dentro i corridoi della Casa Bianca, da dove il nuovo Presidente degli Stati Uniti e il suo staff coordineranno la colossale macchina amministrativa del Paese. Nel giorno del giuramento di Barak Obama qualcuno, specificatamente un cronista di cnet.com, ha voluto giocare con le tecnologie che farebbero molto comodo alla missione presidenziale ma che con ogni probabilità non verranno e non potranno essere adottate. Ne è venuto fuori un quadro curioso di come alcuni servizi popolarissimi fra i consumatori "rischiano" di essere boicottati dalle rigide norme di sicurezza che regolano le attività della White House. Che sia un richiamo evidente alla querelle nata in seguito alla dichiarata volontà del nuovo Presidente Usa di continuare a utilizzare il suo amato BlackBerry, eventualità in contrasto con le procedure stabilite dal Presidential Records Act e aperta al rischio di pericolose intercettazioni? Sebbene porterebbe benefici operativi non indifferenti, pensare quindi che gli uomini in servizio alla corte di Obama possano interagire fra loro tramite un programma di istant messaging come Aim è pura utopia. Soprattutto se a postare messaggi sulla chat ci si metterebbe il Presidente in persona, magari per chiedere la reperibilità di un importante dossier sulle azioni di spionaggio. Idem come sopra per l'ipotetico ricorso a reti "peer to peer" per la distribuzione in tempo reale di documenti governativi. Perché, si chiede l'articolista, non utilizzare i servizi di BitTorrent per velocizzare l'accesso dei cittadini a determinate informazioni? Eviterebbe la gestione di costosi data center dedicati e sfrutterebbe nel vero senso della parola la natura aperta della Rete: troppo compromettente sposare una tecnologia messa sotto accusa dalle potenti associazioni discografiche, Riaa in testa? E che dire dei blog, strumento su cui Obama ha costruito una parte della sua vittoria nella corsa alle presidenziali? Se la nuova Amministrazione americana utilizzasse un servizio come Present.ly, fra i più conosciuti siti per la comunicazione on line fra gruppi di lavoro, i flussi di interazione fra i diversi livelli dello staff e il titolare della Stanza Ovale sarebbero probabilmente molto più efficienti, perché i vari soggetti sarebbero debitamente organizzati in appositi gruppi e abilitati a scambiarsi informazioni in un formato tipo Twitter (altra tecnologia Web 2.0 molto cara ad Obama). Potevano mancare i video fra i cardini della (virtuale) piattaforma tecnologica al servizio del 44esimo Presidente degli Stati Uniti? Certo che no e allora perché non immaginare l'ex senatore dell'Illinois intento a "controllare" l'operato degli addetti della Casa Bianca attraverso un servizio come Stickam? Sempre in tema di tecnologie video, le risorse trasmissive messe a disposizione da un sito come Ustream potrebbero permettere ad Obama di conferire e interagire via chat (con un dovuto supporto di moderazione) con i cittadini di diversi Stati collegati in streaming a un suo intervento ripreso da una telecamera collegata a Internet. Le tecnologie "proibite" citate dal reporter di cnet.com finiscono qui ma gli esempi potrebbero essere molti altri. Per il momento sembra che Obama si accontenti (o si debba accontentare) del sito Whitehouse.gov e del relativo blog, in cui campeggia lo slogan "Change has come to America" e in cui è ospitata la pagina che illustra la visione tecnologica del successore di George W. Bush.
Un rito festoso che parla al mondo di Silvio Fagiolo 21 Gennaio 2009 L'insediamento del presidente americano si ripete ogni quattro anni con la regolarità del movimento dei pianeti, per annunciare più spesso un messaggio che si vuole rivoluzionario. Non per niente il termine rivoluzione nasce nel Seicento ed è legato all'astronomia. Quest'anno l'evento si è colorato di un significato del tutto particolare. Sembra che l'intero Paese sia calato su Washington per assistere al giuramento. I bivacchi sui prati all'ombra dei falsi templi greci simboli del potere sono stati come non mai il segno di cittadini che vogliono riappropriarsi della politica, a lungo sequestrata da una classe dirigente troppo distante dalle sue attese. La festa di Washington restituisce anche fiducia alla politica come strumento per cambiare i destini dell'uomo. Il viaggio di milioni di americani assume il carattere di un pellegrinaggio. La politica appare ora la soluzione e non il problema. L'elemento popolare e festoso, sempre presente nelle celebrazioni patriottiche, non era stato mai così forte, al di là del rito che si rinnova sui gradini del Campidoglio. La cerimonia si è giovata anche stavolta della scelta di specifici numi tutelari della prorpia storia. Al di là del riferimento obbligato a Martin Luther King e alla lotta per i diritti civili, due nomi hanno giganteggiato, quelli dei due più grandi presidenti, del Diciannovesimo e del Ventesimo secolo: Lincoln e Roosevelt. Lincoln non è tanto quello della emancipazione dei neri. Simboleggia piuttosto la forza che la democrazia esprime attraverso le attese dell'uomo medio. È l'uomo riflesso nella poetica di "Spoon River", i sogni e le sconfitte delle persone comuni alle prese con il quotidiano. Nel film di Frank Capra "Mister Smith va a Washington" James Stewart, sommerso dal cinismo della capitale, visita di notte il Lincoln Memorial, il monumento intorno al quale hanno ruotato le celebrazioni della vigilia. Legge le parole incise sulle sue pareti ed "è come se Lincoln stesse aspettando lì soltanto lui". La più popolare icona della pittura americana "American Gothic" di Grant Wood è custodita a Chicago, patria elettorale di Lincoln come di Obama: rappresenta la classe media, i volti parsimoniosi, i simboli di un duro lavoro. Lincoln aveva affrontato la guerra per salvare l'Unione, per superare la casa divisa. Come Obama, non era un pacifista. Ma aveva anche definito la gloria militare "affascinante arcobaleno che si leva dopo piogge di sangue, occhio di serpente che incanta per distruggere". L'America di Obama, come quella di Lincoln, è una potenza non senza peccati. Ma come nessun'altra è ora disposta a riconoscerli. Roosevelt non ripropone soltanto il dilemma tra due sue libertà, la libertà dal bisogno e la libertà dalla paura. Incarna anche la responsibilità verso il mondo, lui che aveva dovuto mobilitare un Paese riluttante a combattere la tirannide su due fronti, asiatico ed europeo. Obama, meglio del suo predecessore, saprà leggere fra le pieghe della storia contemporanea, dei suoi segreti, dei suoi cammini non più lineari. Questa volta il messaggio dalla collina è risuonato come un messaggio "Urbi et Orbi". Lo hanno reso tale non solo la tecnologia, che consente di abbracciare spazialità fisiche e temporali diverse in un'unica rete globale. Non solo l'attesa febbrile del pianeta. Soprattutto la circostanza che la vocazione universale del messaggio americano, presente sin dalla nascita del Paese, abbia trovato solo ieri la persona in grado di esprimerla compiutamente senza distinzioni di razze e di continenti.
Lo storico Eric Foner: "L'idea del primato Usa, come Lincoln" dall'inviato Claudio Gatti 21 Gennaio 2009 NEW YORK - Numero 16 e numero 44. Tra loro un secolo e mezzo di storia americana. E tante similitudini. In una giornata così carica di simbolismo, il parallelo tra il sedicesimo presidente americano Abramo Lincoln e il quarantaquattresimo Barack Obama è sicuramente concesso. Anzi d'obbligo. Anche perché lo stesso Obama ha fatto molto per evocarlo. Prendendo il treno da Philadelphia a Washington, come il suo storico predecessore. E scegliendo come motto per la sua inaugurazione le parole pronunciate da Lincoln nello storico discorso del 1863 a Gettysburg sulla "rinascita della libertà". "Volendo ispirarsi a un modello del passato, ben venga un modello come Lincoln", commenta Eric Foner, professore di Storia americana della Columbia University, la stessa dove ha studiato Obama. Entrambi avvocati, entrambi impegnati in politica sin da ventenni, entrambi si sono fatti le ossa nel Parlamento dell'Illinois, uno Stato in cui si erano trasferiti da adulti (Lincoln era nato in Kentucky, Obama nelle Hawaii). Entrambi hanno criticato un'invasione che il resto del Paese aveva invece passivamente accettato (in Messico nel 1846 e in Iraq nel 2003). Ed entrambi sono arrivati a Washington sospinti dalla forza delle loro parole più che dalla mole delle loro esperienze. Persino i loro risultati elettorali sono stati molto simili. Foner pensa che sulle grandi questioni di principio, come il campo di prigionia di Guantanamo e l'uso della tortura, Obama seguirà l'esempio di Lincoln sulla schiavitù e prenderà una posizione univoca e risoluta. "Nel 1854 Lincoln scrisse: "La schiavitù incoraggia i nemici della democrazia ad accusarci di ipocrisia e spinge i veri amici della libertà a dubitare della nostra sincerità". Direi che le stesse parole valgono oggi per alcuni metodi con cui l'amministrazione Bush ha voluto combattere il terrorismo", commenta lo storico newyorkese. Sia chiaro, come Lincoln, Obama è un convinto assertore del cosiddetto "eccezionalismo americano". "Solo in America una vittoria come la mia sarebbe stata possibile", ha ripetutamente sostenuto. "Ma come Lincoln anche lui è convinto che quell'eccezionalismo sia nell'origine democratica della nazione, nella Dichiarazione di Indipendenza, in quella che ha definito "l'immortale convinzione che il nostro Paese è costantemente in grado di rigenerarsi e trasformare i suoi sogni in realtà"", sostiene Foner. "Lincoln riteneva che l'America fosse un modello per il resto del mondo. Ma non un modello da imporre con la forza. Per lui gli Stati Uniti rappresentavano la democrazia e l'autogoverno del popolo per il popolo, e riteneva che dovessero spingere il mondo ad adottare questi principi. In Europa la rivoluzione del 1848 era da poco fallita. Era stato ristabilito la situazione che precedeva i moti liberali e la giovane democrazia americana era, come scrisse Lincoln nel 1962, "l'ultima grande speranza sulla terra". Speranza per chi credeva nell'uguaglianza e nella democrazia. Ma questo non aveva nulla a che vedere con il cosiddetto "destino manifesto", e cioè la teoria che l'espansionismo territoriale e culturale fosse nel destino degli Stati Uniti. Teoria che evoca invece le scelte geopolitiche di quest'ultima amministrazione". In un articolo in prima pagina di due giorni fa, il New York Times ha scritto che all'università, impegnandosi nella lotta all'apartheid in Sud Africa, Obama ha scoperto la forza della parola e "la sua capacità di trasformare il mondo". "Come Lincoln ha l'eloquenza per tentare di farlo", sostiene Foner. Anzi, a suo giudizio, è più eloquente di Lincoln. Che non era per nulla spontaneo. "La straordinaria efficacia dei suoi discorsi veniva dal fatto che ci lavorava con meticolosità, costruendoli pezzo per pezzo, argomentazione per argomentazione. In alcuni inseriva addirittura le note a pié pagina", conclude lo storico. Obama è un oratore più naturale. Ma anche lui lavora sui propri discorsi in modo quasi ossessivo. Nella migliore tradizione lincolniana. cgatti@ilsole24ore.us
Non basterà una bank holiday di Luigi Zingales 21 Gennaio 2009 Il giorno dopo il suo insediamento del 4 marzo 1933, il neoeletto presidente Franklin Delano Roosevelt proclamò una "bank holiday" in cui per quattro giorni tutte le banche furono chiuse e tutte le transazioni finanziarie sospese. Dopo, solo le banche ritenute solide da un ispettore del Tesoro poterono riaprire gli sportelli e accedere a prestiti del Tesoro stesso. Con questa misura draconiana Roosevelt ricreò la fiducia della gente nel sistema bancario americano, dando inizio al New Deal. Per fortuna, la gravità della crisi che ora dovrà fronteggiare Barack Obama non è minimamente comparabile. Nei due anni precedenti l'insediamento di Roosevelt più di 5mila banche fallirono (senza assicurazione sui depositi) e i disoccupati sfiorarono il 25% della forza lavoro (senza sussidi di disoccupazione). Ciononostante l'esempio di Roosevelt fornisce spunti importanti per quello che Obama deve fare per risolvere la crisi finanziaria. Innanzitutto deve agire subito in modo rapido e incisivo. Quello che dobbiamo temere maggiormente è, come diceva Roosevelt, la paura. La gente ha paura di investire in qualsiasi attività che non sia garantita dal Governo. Questa riluttanza a investire espone le imprese a crisi di liquidità che possono facilmente tradursi in fallimenti. In altre parole, il timore di investire in attività rischiose diventa una profezia autorealizzantesi, perché la paura causa le difficoltà di rifinanziamento, che portano ai fallimenti, che giustificano la paura. Per spezzare questo circolo vizioso è necessaria un'iniezione di fiducia. Ma la retorica non basta. Roosevelt non si affidò solo alla retorica, che certo non gli mancava, ma mise in piedi un meccanismo rapido ed efficace per separare le banche insolventi da quelle che potevano sopravvivere. Non si impegnò a salvarle tutte (un'opzione poco credibile ed estremamente costosa), ma accelerò il processo di selezione del mercato per uscire più rapidamente dalla crisi. La dimensione e la complessità delle banche oggi non hanno paragone con gli anni 30. Se allora bastava una settimana per capire i bilanci delle piccole banche locali americane, oggi occorrerebbero mesi se non anni. Il Giappone ci mise tredici anni (e migliaia di miliardi di yen) per arrivare a questa soluzione. Colpito nel 1990 da una crisi creditizia non dissimile da quella corrente, solo con il ministro Heizo Takenaka nel 2003 impose ispezioni severe per far emergere le perdite. Il costo del ritardato intervento fu più di un decennio di stagnazione. Che può fare Obama nei suoi primi cento giorni? Certo non può continuare con iniezioni di capitale. Economicamente perché è una soluzione troppo costosa (solo un mese dopo il primo investimento in Citigroup il valore della partecipazione del Governo si era dimezzato). Politicamente perché sarebbe una continuazione della politica di George Bush, che non ha certo ottenuto la fiducia della gente. L'idea di creare una banca di Stato che compri i mutui cosiddetti "tossici" non può funzionare (il costo è troppo elevato) e soffre di tutti i problemi di conflitto d'interesse e illiquidità dei titoli di cui era afflitta la proposta originaria del ministro del Tesoro Henry Paulson. L'unica soluzione è permettere per legge alle banche di dividersi in due, concentrando tutte le attività tossiche in una entità (la banca "cattiva") e separando il resto (nella banca "buona"). Le passività originarie verrebbero poi divise pro quota nelle due entità sulla base del valore contabile delle attività allocate alle due parti, e nello stesso modo verrebbe ripartito il patrimonio netto. Ogni creditore e ogni azionista riceverebbero due titoli, uno della banca buona e uno di quella cattiva. Sembra un puro esercizio contabile, ma non lo è. La banca cattiva diventerebbe semplicemente un fondo chiuso di mutui. Se i mutui recuperano aumenterà di valore, se perdono scenderà, ma potrà essere lasciata fallire senza alcun rimorso, perché non ci sarebbero conseguenze economiche. Se la proprietà di un fondo chiuso passa da un gruppo di investitori a un altro, non si attendono effetti macroeconomici. Così se la banca cattiva è insolvente e i creditori ne diventano i proprietari, perché dovrebbe essere un problema? Dall'altro lato la banca buona, libera dalle incertezze sul valore delle sue attività, potrebbe facilmente ricapitalizzarsi sul mercato. Anche se non ci riuscisse, sarebbe molto meno costoso per il Governo immettere capitali nelle banca buona: rischia meno perdite e per un dato obiettivo di capitalizzazione deve immettere meno capitale. Se è così semplice, perché non è già stato fatto? Innanzitutto perché è più facile per le banche prendersi i soldi dallo Stato che ristrutturarsi. In secondo luogo, perché le clausole di molti finanziamenti obbligazionari vietano questa operazione senza il consenso dei creditori, dato che i creditori vedono aumentare il loro rischio. È proprio per questo che è necessaria una legge per autorizzare le banche a farlo. È vero che i creditori si troverebbero svantaggiati da questa manovra. Ma potrebbero essere in parte compensati con dei warrants sulla parte buona della banca. Per di più, i creditori sono stati enormemente avvantaggiati da tutti i piani di salvataggio del Tesoro. Se dovessero rimetterci un po' da questa operazione, sarebbe solo sacrosanto. Paradossalmente, l'aspetto meno attraente di questo piano è che non costa nulla al contribuente. Questo significa che non farà contenta nessuna lobby e che deputati e senatori non riceveranno in cambio del loro voto generosi contributi dall'industria finanziaria. Ma è qui che si vedrà la vera leadership di Obama. Roosevelt non si fece certo molti amici quando chiuse migliaia di banche. Vedremo se il nuovo presidente è della stessa stoffa.
"Una nuova era di responsabilità" 21 Gennaio 2009 Barack e Michelle Obama al ballo dell'inaugurazione © AFP WASHINGTON - In una straordinaria giornata di sole e di grandi emozioni che hanno superato di slancio le barriere razziali, Barack Hussein Obama, è diventato ieri il 44° presidente degli Stati Uniti d'America invocando "una nuova era di pace e di responsabilità", per il suo Paese, ma anche per il mondo intero. Subito dopo il giuramento, sulla stessa Bibbia che usò Abramo Lincoln, Obama, parlando dai gradini del Campidoglio ha chiesto al Paese di rievocare gli stessi valori di libertà, di opportunità, di speranza che hanno consentito a lui "figlio di un uomo che non poteva essere servito a un ristorante 60 anni fa, di poter essere davanti a voi per fare il giuramento più sacro". In nome di quei valori, in un momento difficilissimo per un Paese afflitto da una grave crisi economica e da due guerre, il nuovo presidente ha teso la mano al mondo islamico, ha promesso uguaglianza all'interno, ha riservato parole dure per chi continuerà "a distruggere invece di costruire" e compassione per i più deboli, sia gli individui che le nazioni. "Il nostro Paese è in guerra contro una rete di violenza e di odio. La nostra economia è gravemente danneggiata, conseguenza dell'avidità e dell'irresponsabilità di qualcuno, ma anche del nostro fallimento collettivo nel saper fare scelte difficili e preparare il Paese per una nuova era". È stato questo forse il passaggio più forte e incisivo del suo discorso che ha poi elaborato analizzando sia l'importanza di un ruolo efficace ed efficiente dello Stato che quella di un ruolo incisivo, costruttivo e solido del mercato: "Oggi non dobbiamo chiederci se il Governo è troppo grande o troppo piccolo, ma se funziona, se aiuta le famiglie a trovare un lavoro e garantire una pensione con dignità". Se la risposta sarà negativa - ha detto - alcuni programmi cesseranno, ne saranno introdotti altri, in grado di "ristabilire la fiducia vitale fra il popolo e il suo Governo". Allo stesso modo - ha sottolineato Obama - "la questione non è se il mercato e una forza del male o del bene. Il potere del mercato nel generare benessere ed espandere la libertà non ha pari. Ma questa crisi ci ha ricordato che senza un occhio attento, il mercato può andare fuori controllo. Che una nazione non può prosperare quando favorisce solo chi sta già bene. Il successo della nostra nazione non dipende dalla dimensione del nostro prodotto interno lordo, ma da quanto diffusa è la nostra prosperità, non per fare la carità ma per il bene comune". L'amministrazione Obama dunque cercherà nuove regole e nuovi equilibri. Definisce chiaramente un obiettivo ambizioso che è allo stesso tempo post-reaganiano, ma anche post-rooseveltiano. Una sfida, che dovrà raccogliere e superare nei prossimi due anni. Obama ha parlato davanti a una folla oceanica di quasi due milioni di persone, una folla che, dal podio presidenziale, si perdeva sull'orizzonte fino al monumento a George Washington e oltre. Una folla variopinta ed eccitata. Vicino a noi c'erano Puff Daddy, il musicista rap, e la cantate Bionce, c'era l'attore Denzel Washington e altre decine di afroamericani giunti nella capitale per celebrare per sempre la fine di una pagina di storia oscura, quella della schiavitù e della discriminazione razziale. Quando Obama ha cominciato a parlare, Puff Daddy e Denzel Washington si sono alzati, si sono spostati davanti al podio poco sopra di loro e sono rimasti in piedi per tutto il discorso, a rendergli commossi un discreto omaggio: "Un momento così non lo vivrò mai più - ci ha detto commosso Denzel Washington - è un momento che celebro in onore dei miei genitori e dei miei padri". Erano dei simboli, questo cantate e quest'attore, del crogiuolo razziale americano di religioni, di culture che Obama ha definito nel suo discorso come "una forza, non una debolezza. Visto che abbiamo conosciuto l'amarezza della guerra civile e della segregazione; che siamo emersi da un capitolo oscuro più forti e più uniti, non possiamo non credere che gli antichi odi un giorno passeranno; che le linee tribali presto si dissolveranno; che nel momento in cui il mondo diventa più piccolo, la nostra comune umanità sarà in grado di rivelarsi; e che l'America debba svolgere il suo ruolo per aprire una nuova era di pace". È in questo contesto che Obama ieri ha preso atto che l'America dovrà fare di più ha teso la mano al mondo islamico per superare le incomprensioni, ma ha usato parole durissime per coloro che non accetteranno di lavorare all'obiettivo comune della pace e per chi potesse dubitarlo o dubitare della sua determinazione, ha difeso fino in fondo il modello americano di democrazia di mercato: "Non chiederemo scusa per il nostro modo di vivere, non faremo un passo indietro per difenderlo; a coloro che vogliono raggiungere i loro obiettivi con il terrore e il massacro di innocenti diciamo che il nostro spirito e più forte del loro e non sarà spezzato: non poterete durare più a lungo di noi. Vi sconfiggeremo".
Usa, l'insediamento di Obama sarà il più costoso di sempre 19 gennaio 2009 Un breve discorso e poi un pasto con insalata di pollo e una fetta di torta. Questo il programma della cerimonia di insediamento del presidente Roosvelt, nel 1945. Sono passati più di sessant'anni. Oggi gli Stati Uniti si trovano ad affrontare la peggiore crisi economica da allora. Ma non si può dire che la cerimonia di insediamento sia altrettanto sobria. Anzi, conti alla mano, risulta essere la più costosa di tutti i tempi: 150 milioni di dollari. Oltre il doppio dei 70 milioni spesi da George W Bush nel 2005 (che fu allora oggetto di aspre critiche da parte dei democratici). E quasi cinque volte tanto i 33 milioni di Clinton nel 1993. Una delle voci che sicuramente peseranno di più nel conto finale dell'evento è quella della sicurezza. La cerimonia di insediamento del nuovo presidente americano è un'occasione troppo ghiotta per terroristi e fanatici. Non si è fatto economia quindi per la voce "security". Uno stormo di jet ed elicotteri sorvolerà lo spazio aereo per tutta la durata dell'evento. A terra invece saranno impegnati oltre 8000 poliziotti, 11mila militari e altre migliaia tra agenti federali e uomini dei servizi segreti. C'è poi il viaggio in treno da Philadelphia, le esibizioni delle star della musica americana al Lincoln Center, tre cene bi-partisan, un concerto al Verizon Center in onore delle famiglie dei militari caduti in Afghanistan e Iraq. E soprattutto le spese per accogliere gli oltre 3 milioni di visitatori attesi. Una folla mai vista per la cerimonia di insediamento di un presidente. Roba da far dichiarare al governo lo stato di emergenza per dare la possibilità al Distretto di Columbia (dove ha sede la Casa Bianca) di raccogliere fondi straordinari. Soldi che serviranno ad esempio per pagare 10 megaschermi da stadio che trasmetteranno la cerimonia, i servizi di trasporto, di smaltimento dei rifiuti e di noleggio di toilette portatili. La cerimonia di insediamento di Obama, dicono gli addetti ai lavori, potrebbe essere il più grande evento della storia degli Stati Uniti. Per questo motivo la tv via cavo Hbo ha sborsato 2,5 milioni di dollari per assicurarsi l'esclusiva del concerto di domenica 18 gennaio. Altri 2 milioni sono arrivati dalla Abc, che trasmetterà la cerimonia conclusiva. Belle cifre, che coprono però solo un terzo dei costi dell'evento televisivo. Il conto si fa più salato poi, se si calcolano i costi della cerimonia nel suo complesso (150 milioni di dollari secondo una stima dell'Associated Press). Per coprire le spese, la macchina da raccolta fondi di Obama infatti ha finora raccolto "solo" 41 milioni di dollari. L'insediamento del primo presidente nero della storia degli Stati Uniti rischia così di pesare sulle tasche dei contribuenti per oltre 100 milioni di dollari. Troppo, secondo diversi commentatori, che in tempi di crisi avrebbero preferito maggiore "Roosveltiana" sobrietà.
La Columbia applaude il "suo" presidente dal nostro inviato Eliana Di Caro 21 Gennaio 2009 NEW YORK - "Non ci sono bianchi e neri, latini, asiatici o indigeni: c'è un solo popolo, il popolo degli Stati Uniti d'America". Obama non si è stancato di ricordare, nell'ultimo anno, la straordinarietà del melting pot statunitense che ieri, in piccolo, era riprodotto alla Columbia University di New York. Migliaia di studenti erano assiepati nella Low Library Plaza, incuranti del freddo tagliente, per godersi su un maxischermo l'insediamento del presidente. Facce dai tratti orientali, capelli arruffati tipicamente afroamericani, look alla moda in stile più newyorchese. Una mescolanza naturale, bella, il futuro del Paese. In settemila, stando agli organizzatori, hanno applaudito entusiasti il "loro" presidente: proprio qui, infatti, Obama si è laureato in Scienze politiche nel 1983. E proprio qui ha mosso i primi passi verso l'impegno politico. Le attività contro l'apartheid, l'adesione alla Black Students Organization, le letture di Sant'Agostino e Nietzsche, le discussioni sull'invasione sovietica dell'Afghanistan sono parte dell'esperienza newyorchese di Obama. Un esempio per tutti gli studenti del 2009. Megan Quinn, di Omaha, Nebraska, ha 25 anni, studia Architettura, è qui dalle 10 per assicurarsi un posto decente. "È entusiasmante, per tutti quelli che lo hanno votato e ci hanno creduto", sorride, in mano un bicchierone di caffè. E lei, ovviamente, è tra questi. Sin dalle primarie. Le aspettative sono altissime su tutti i fronti, ma a Megan interessa soprattutto il ruolo che l'America avrà in politica estera: "Spero in un nuovo corso, in cui la diplomazia prenda il sopravvento". Le preoccupazioni di Avery Archer, che sta facendo un Phd in Filosofia, sono invece soprattutto economiche. Nato a New York, ma cresciuto in Tobago con i nonni, Avery è convinto che "gli aiuti alle banche o alle grandi aziende non abbiano l'effetto di benefici a catena. Bisogna mettere in campo strategie a favore della popolazione. Non solo della classe media, di cui si parla tanto, ma soprattutto dei working poor, quelli che hanno un lavoro regolare, eppure sono poveri". Intanto sul maxischermo scorrono le immagini, accompagnate da ovazioni per le figlie del presidente, fischi per George W. Bush, applausi per Michelle Obama. C'è chi scatta foto, gruppetti commentano e ridono mentre gli uomini della sicurezza hanno il loro da fare per controllare la situazione. Finalmente arriva il momento del giuramento del 44esimo presidente americano. "Certo, è giovane", osserva Huea Ong, 22enne californiana di origine malese, futuro ingegnere. "Ma si è circondato di persone di grande esperienza, a cominciare dal segretario di Stato Hillary Clinton. E la comunità internazionale sembra averlo accolto bene". Il discorso di Obama è punteggiato da grida di giubilo e sventolii di pon pon biancazzurri, i colori della Columbia. Alla fine una ragazza, evidentemente non americana, dice a una sua amica: "Beata te, avere un presidente così". E l'altra risponde: "Beata anche tu: è una fortuna per tutto il mondo".
2009-01-20 Washington in festa per il giorno di Obama 20 gennaio 2009 (Foto AFP) 16.39 - Arrivato il presidente della Corte Suprema John Roberts. Mentre il presidente eletto Barack Obama e sua moglie Michelle sono alla Casa Bianca per una colazione con il presidente George W. Bush e la first lady Laura, al Campidoglio cominciano ad arrivare gli ospiti che assisteranno alla cerimonia. È arrivato anche il presidente della Corte Suprema, il Chief Justice John Roberts, nelle cui mani Obama presterà giuramento. Roberts, un conservatore, scelto da George W. Bush nel settembre 2005, al momento della conferma da parte del Senato ebbe il voto contrario del senatore dell'Illinois Barack Obama. 16.00 - Obama alla Casa Bianca accolto dai Bush Il presidente eletto Barack Obama è uscito, mano nella mano con la moglie Michelle, dalla chiesa di St. John's, dove il reverendo T.D. Jakes ha celebrato una funzione religiosa. La coppia presidenziale si è subito diretti alla Casa Bianca, dove faranno una colazione con il presidente George W. Bush e la first lady Laura. Michelle Obama aveva un pacchetto in mano per Laura Bush. Il corteo di 13 vetture, tra auto della polizia e limousine, ha percorso lentamente il breve tratto di Pennsylvania Avenue che separa la chiesa su Lafayette Square e la Casa Bianca. Le vetture sono entrate nel giardino e Bush, accompagnato dalla first lady Laura in tailleur grigio perla, è uscito ad accogliere personalmente il suo successore. Presenti anche il vicepresidente eletto Joe Biden con la consorte Jill. Dopo un caffé nel Salotto Azzurro della Casa Bianca, Bush e Obama si dirigeranno al Congresso. 15.20 - Gli Obama alla chiesa dei presidenti. L'Obama Day, il giorno in cui il presidente eletto Barack Obama giurerà come 44esimo presidente degli Stati Uniti è ufficialmente cominciato. Il neopresidente, con la moglie Michelle ha lasciato la Blair House, la residenza dove sono solitamente ospitati i capi di stato in visita a Washington, per recarsi alla chiesa di St.John's in Lafayette Square, accanto alla Casa Bianca. Sorridenti, Barack e Michelle sono usciti scortati da un corteo di limousine e vetture della polizia Alla funzione religiosa è presente anche il vicepresidente eletto Joe Biden, arrivato con la moglie Jill pochi minuti prima di Obama. Il nuovo presidente continua così la tradizione iniziata da molti suoi predecessori, di recarsi alla chiesa di St. Johns, ribattezzata "la chiesa dei presidenti", prima dell'inaugurazione. Dopo la funzione e prima di andare al Campidoglio, dove Obama presterà giuramento, il presidente eletto e Michelle andranno alla Casa Bianca a fare visita a George W. Bush e a sua moglie Laura. 14.40 - Il telegramma di auguri del Papa. In giornata il presidente eletto ha ricevuto un messaggio di augurio da parte di Papa Benedetto XVI: "In un'epoca in cui tanti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle in tutto il mondo aspirano alla liberazione dal flagello della povertà, fame e violenza - scrive Joseph Ratzinger nel messaggio - prego che continui a promuovere la comprensione, la cooperazione e la pace tra le nazioni, così che tutti possano prender parte al banchetto della vita, che Dio vuole predisporre per l'intera famiglia umana. Invoco le benedizioni di gioia e di pace del Signore su di lei, sulla sua famiglia e su tutto il popolo americano".
Usa, l'insediamento di Obama sarà il più costoso di sempre commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 19 gennaio 2009 Un breve discorso e poi un pasto con insalata di pollo e una fetta di torta. Questo il programma della cerimonia di insediamento del presidente Roosvelt, nel 1945. Sono passati più di sessant'anni. Oggi gli Stati Uniti si trovano ad affrontare la peggiore crisi economica da allora. Ma non si può dire che la cerimonia di insediamento sia altrettanto sobria. Anzi, conti alla mano, risulta essere la più costosa di tutti i tempi: 150 milioni di dollari. Oltre il doppio dei 70 milioni spesi da George W Bush nel 2005 (che fu allora oggetto di aspre critiche da parte dei democratici). E quasi cinque volte tanto i 33 milioni di Clinton nel 1993. Una delle voci che sicuramente peseranno di più nel conto finale dell'evento è quella della sicurezza. La cerimonia di insediamento del nuovo presidente americano è un'occasione troppo ghiotta per terroristi e fanatici. Non si è fatto economia quindi per la voce "security". Uno stormo di jet ed elicotteri sorvolerà lo spazio aereo per tutta la durata dell'evento. A terra invece saranno impegnati oltre 8000 poliziotti, 11mila militari e altre migliaia tra agenti federali e uomini dei servizi segreti. C'è poi il viaggio in treno da Philadelphia, le esibizioni delle star della musica americana al Lincoln Center, tre cene bi-partisan, un concerto al Verizon Center in onore delle famiglie dei militari caduti in Afghanistan e Iraq. E soprattutto le spese per accogliere gli oltre 3 milioni di visitatori attesi. Una folla mai vista per la cerimonia di insediamento di un presidente. Roba da far dichiarare al governo lo stato di emergenza per dare la possibilità al Distretto di Columbia (dove ha sede la Casa Bianca) di raccogliere fondi straordinari. Soldi che serviranno ad esempio per pagare 10 megaschermi da stadio che trasmetteranno la cerimonia, i servizi di trasporto, di smaltimento dei rifiuti e di noleggio di toilette portatili. La cerimonia di insediamento di Obama, dicono gli addetti ai lavori, potrebbe essere il più grande evento della storia degli Stati Uniti. Per questo motivo la tv via cavo Hbo ha sborsato 2,5 milioni di dollari per assicurarsi l'esclusiva del concerto di domenica 18 gennaio. Altri 2 milioni sono arrivati dalla Abc, che trasmetterà la cerimonia conclusiva. Belle cifre, che coprono però solo un terzo dei costi dell'evento televisivo. Il conto si fa più salato poi, se si calcolano i costi della cerimonia nel suo complesso (150 milioni di dollari secondo una stima dell'Associated Press). Per coprire le spese, la macchina da raccolta fondi di Obama infatti ha finora raccolto "solo" 41 milioni di dollari. L'insediamento del primo presidente nero della storia degli Stati Uniti rischia così di pesare sulle tasche dei contribuenti per oltre 100 milioni di dollari. Troppo, secondo diversi commentatori, che in tempi di crisi avrebbero preferito maggiore "Roosveltiana" sobrietà.
La squadra del Presidente commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci 18 gennaio 2009
Timothy Geithner 47 anni - Segretario al Tesoro Giovane ma esperto Dal 2003 alla guida della Fed di New York e vicepresidente del Federal Open Market Committee (l'organo che decide sui tassi d'interesse), Geithner ha avuto un ruolo chiave nella gestione della crisi finanziaria. Il suo intervento è stato decisivo per il salvataggio di Bear Stearns. Succederà a Henry Paulson, sempre che superi l'audizione al Senato mercoledì, rimandata per via dei suoi passi falsi con il fisco
Paul Volcker 81 anni - Capo del board anti-crisi Grande vecchio Per affrontare la crisi, Obama ha creato una Commissione speciale, l'Economic recovery advisory board, affidandone la guida a uno dei più stimati ed esperti economisti. Volcker fu il chairman della Fed sotto Jimmy Carter e Ronald Reagan tra il 1979 e il 1987. Gli viene riconosciuto il grande merito di aver sconfitto l'inflazione, che scese dal 13,5% nel 1981 al 3,2% nel 1983, a prezzo però di una dura recessione
Mary Schapiro 53 anni - Presidente della Sec Prima donna per la Consob Usa Veterana della regolamentazione finanziaria, la Schapiro arriva alla Sec dalla Finra (Financial industry regulatory authority), l'organismo indipendente di autoregolamentazione dei broker americani, di cui era amministratore delegato. In passato è stata al comando della Cftc (commodity futures trading commission), nominata da Bill Clinton, e prima ancora trai commissari del vertice
Peter Orszag 40 anni - Capo dell'Ufficio Bilancio "Guardiano" dei costi Già alla guida dell'ufficio di bilancio del Congresso, Peter Orszag sarà il responsabile dell'Office of Management and Budget della Casa Bianca: dovrà dunque raccomandare il taglio degli sprechi e dei costi non strettamente necessari. Falco fiscale,discepolo di Robert Rubin (segretario al Tesoro sotto Clinton), Orszag attuerà una politica di rigore nel bilancio. Sarà coadiuvato da Robert Nabors
Christina Romer 50 anni - Capo Economic Advisors Professionista stimata Docente a Berkeley, è stata scelta da Obama alla guida del Cea (Council of economic advisers), che ogni anno prepara il Rapporto economico del presidente. La Romer è autrice di numerosi libri, in particolare sulla politica fiscale. Fa parte del Comitato sul ciclo economico del National bureau of economic research, quello che stabilisce formalmente l'avvento delle recessioni negli Stati Uniti
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per l'articolo completo vai al sito 2009-01-20 http://www.lastampa.it/redazione/default.aspUsa in festa, il giorno di Obama Barack Obama e la moglie Michelle VIDEO Segui la diretta dell'investitura SCRIVI Obama alla Casa Bianca. Cosa cambia per gli Usa?
L'insediamento del primo presidente afroamericano WASHINGTON Si aspetta Barack Obama davanti al Campidoglio, sede del Congresso a Washington; il presidente eletto giungerà assieme al presidente uscente George W. Bush. Ma di fronte alla folla immensa che si accalca sul Mall, la banda della Marina statunitense ha iniziato a suonare secondo programma alle 10 ora locale, le 16 in Italia, mentre gli illustri ospiti che hanno accesso alla tribuna d’onore cominciano a riempire i loro posti. Obama e Bush insieme alla Casa Bianca Obama e la moglie Michelle sono alla Casa Bianca dove prendono un caffé assieme al presidente uscente George W. Bush e a sua moglie Laura, al vicepresidente eletto Joe Biden e la moglie Jill. Gli Obama e i Biden hanno cominciato la giornata con una messa in una chiesa vicino alla Casa Bianca. Due milioni di persone raccolte davanti al Campidoglio A Washington oggi il clima è gelido, meno 6 gradi centigradi, molto più bassa la temperatura percepita; ma questo non ha spaventato i due milioni di persone che fin da prima dell’alba si sono raccolte davanti al Campidoglio per assistere al giuramento di Barack Obama, che alle 12 (le 18 in Italia) diventerà il 44esimo presidente degli Stati Uniti. Alle 4 del mattino (le 10 in Italia) la città era già in piena attività, con bar, supermercati e negozi aperti per consentire ai turisti di prepararsi adeguatamente alla lunga attesa. Metropolitane intasate, strade bloccate, parcheggi esauriti da ore: la capitale americana, solitamente una città piuttosto ordinata, è stata inondata da una folla di persone che tra cori e sventolii di bandierine attendono il momento in cui il primo presidente afroamericano entrerà nella storia. Polverizzati tutti i record precedenti Per ora, sottolineano fonti della polizia locale, non ci sono feriti e tutto procede tranquillamente. "Ci siamo alzati alle tre e mezza, ma ne valeva la pena", ha detto Mary Lloyd, accompagnata dal marito e i tre figli. Prima delle 7 (le 13 in Italia) circa 207.000 persone sono entrate in metropolitana, formando lunghe file fuori dalle stazioni, alle 8 il numero era già salito a 318.000 persone, cifre straordinarie se si pensa che normalmente nelle ore di punta viaggiano in metropolitana circa 240.000 persone. Del resto, in città è impossibile muoversi altrimenti: le strade attorno al Campidoglio sono chiuse al traffico, così come i ponti sul Potomac che collegano alla Virginia. "È entusiasmante, credo che si stia scrivendo la storia", ha detto Prat Pathak, al quale ha fatto eco Juan Guerrero, originario dell’Equador, "è un momento storico, non solo per gli Stati Uniti ma per tutto il mondo". Per Obama sono a Washington circa due milioni di persone, una folla che polverizza tutti i record precedenti: fino ad ora, il giuramento più seguito era stato quello di Lyndon Johnson nel 1965, al quale parteciparono circa 1,2 milioni di persone. Al giuramento di Ronald Reagan nel 1981 parteciparono circa 500.000 persone, a quello di Bill Clinton nel 1993 circa 800.000.
http://www.avvenire.it Tutto pronto per l'Obama day Tutto è pronto per l'Obama day, il giorno del giuramento e dell'insediamento alla Casa Bianca, terzo giorno di festa per l’inaugurazione di Barack Obama alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Oggi la parola passa al protagonista, cui però le circostanze impongono di smorzare un po’ i fuochi d’artificio (che infatti per la prima volta da decenni non ci saranno) e ricordare alla nazione che le aspettano tempi difficili. Domenica, dopo un primo bagno di folla di fronte al Monumento di Lincoln (invaso dalle 750mila persone accorse per il concerto di Bruce Springsteen, Bono, Tom Hanks, Beyonce e Stevie Wonder domenica pomeriggio) Obama ha segnato il secondo giorno di cerimonie con due omaggi storici: uno a John F. Kennedy e al suo invito a servire il Paese, e uno a Martin Luther King, il cui "sogno" si avvererà proprio oggi con il giuramento del primo presidente nero della storia Usa. Obama ha voluto trasformare l’anniversario della nascita di King in una giornata di servizio. Lui e la moglie l’hanno passata in un centro di accoglienza per i poveri della capitale – una città popolata in maggioranza da afro-americani ignorati dalla Washington ufficiale – coniugando così il tributo alla lotta per i diritti civili dei neri alla promessa di inaugurare una nuova "stagione di responsabilità e della solidarietà". E milioni di americani hanno seguito il loro esempio offrendo una mano alle oltre 10mila associazioni che hanno aderito all’iniziativa. Michelle ha poi passato la serata a un concerto per bambini, mentre il marito si divideva fra tre cene "bipartisan" che hanno riconosciuto il contributo al Paese di Colin Powell, Joe Biden e dell’ex avversario John McCain. Tutto è pronto per il giuramento. Nel rispetto della tradizione, e forse anche per non dimenticare il peso del compito che lo attende, Obama (che si è fatto raramente vedere in un luogo di culto da quando ha rotto con il suo controverso pastore, Jeremiah Wright) comincerà la giornata con un momento di preghiera a Saint John, la chiesa episcopaliana di fronte alla Casa Bianca che ha una panca riservata ai presidenti. Mentre lui e la moglie si ritireranno poi per prepararsi a comparire sulla balconata del lato Ovest del Campidoglio, due milioni di persone si accalcheranno per ore, al freddo, sulla distesa dei monumenti di Washington, nella speranza di scorgere in un puntino lontano il loro nuovo presidente che giura sulla Bibbia che fu di Abraham Lincoln. Inizio della cerimonia, le 16 ora italiana. Poi finalmente il discorso. Barack Obama ha pronto per i libri di storia un discorso inaugurale che manderà vari messaggi usando molteplici fonti. Parlerà di fronte ai monumenti dei padri della Patria - Washington, Lincoln, Jefferson - ispirandosi un pò a tutti. Parlerà a un paese colpito dalla crisi, invitandolo a ritrovare un nuovo senso di responsabilità, e al mondo che attende di capire dove va l'America. E parlerà con alle spalle predecessori tutti bianchi e oltre due secoli di storia segnata da schiavismo, una guerra civile e una lunga battaglia per i diritti dei neri. In 15-20 minuti limati fino all'ultimo minuto, Obama e il suo 'speechwriter', il ventisettenne Jon Favreau, cercheranno di tener testa alle aspettative che il 44mo presidente degli Stati Uniti ha creato anche sul piano della retorica. Da un presidente che ama le parole e ha costruito una carriera politica su un discorso, quello fatto alla Convention dei democratici del 2004, l'America si attende parole che resteranno. Ma le sfide che Obama, il giovane Favreau e lo stratega politico David Axelrod hanno dovuto considerare nel preparare il discorso sono state molte. Il nuovo presidente, subito dopo aver giurato, dovrà volare alto per ispirare il paese, ma nello stesso tempo frenare le aspettative eccessive, come ha già fatto nei discorsi di questi ultimi giorni. Dovrà ascendere ai livelli della retorica delle figure storiche d'America che incombono sul Mall, dove avviene la cerimonia, ma nello stesso tempo cominciare a offrire contenuti alla parola 'cambiamento' che ha segnato la campagna elettorale. Inoltre, come hanno notato alcuni commentatori in questi giorni, dovrà fare i conti con un 'avversario' insidioso: il "primo presidente nero". Il tema centrale che lo staff di Obama cerca di sottolineare nelle cerimonie di questi giorni è quello dell'unità, e ha come simbolo il presidente Abramo Lincoln, che riunì l'America dopo la Guerra Civile. In quest' ottica, lo staff di Obama ha ribadito di non voler insistere troppo sul fatto che il nuovo presidente è il primo nero a entrare alla Casa Bianca, perchè il messaggio deve trascendere l'aspetto razziale. Ma è quasi impossibile per Obama mettere in secondo piano il fattore nero, in un Inauguration Day che arriva all'indomani della festa dedicata a Martin Luther King e si celebra sul Mall dove, 40 anni fa, il reverendo nero pronunciò il suo potente e celebre discorso 'I Have a Dream'. Axelrod e il portavoce di Obama, Robert Gibbs, hanno rivelato che il nuovo presidente punterà "a sottolineare chi siamo come paese ma anche a ribadire che siamo un popolo con responsabilità". Sarà questo doppio filo, uniti e responsabili, a far da trama al discorso presidenziale per cercare di mirare a un obiettivo vitale per la prossima amministrazione: superare le divisioni e raccogliere tutte le forze del paese nei prossimi anni in uno sforzo collettivo, per far fronte alle enormi sfide del momento.
http://www.italysoft.com/news/famiglia-cristiana.html http://www.italysoft.com/news/il-punto-informatico.html
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Washington - Il presidente eletto Barack Obama è uscito, mano nella mano con la moglie Michelle, dalla chiesa di St. John’s, dove il reverendo T.D. Jakes ha celebrato la messa. I due si sono subito diretti alla Casa Bianca, dove è prevista una colazione con il presidente degli Stati Uniti George W. Bush e la first lady Laura. Michelle Obama aveva un pacchetto in mano per Laura Bush. Il corteo di 13 vetture, tra auto della polizia e limousine, ha percorso lentamente il breve tratto di Pennsylvania Avenue che separa la chiesa su Lafayette Square e la Casa Bianca. Le vetture sono entrate nel giardino e il presidente Bush, accompagnato dalla first lady Laura in tailleur grigio perla, è uscito ad accogliere personalmente il suo successore. Presenti anche il vicepresidente eletto Joe Biden con la consorte Jill. Dopo un caffé nel salotto azzurro della Casa Bianca, Bush e Obama si dirigeranno al Congresso. C'è anche il pilota-eroe Chelsey Sullenberger tra gli invitati al giuramento di Barack Obama. Con il suo gesto - ammarando nelle acque dell’Hudson ha salvato le 155 persone a bordo del volo Us Airways precipitato la settimana scorsa a New York - si è guadagnato un posto in prima fila nell'inauguration day. E' uno dei simboli viventi che la nuova amministrazione democratica vuole dare al Paese: fiducia e speranza. Giuramento sulla bibbia di Lincoln Il presidente giurerà sulla bibbia di Lincoln dopo aver reso omaggio, ieri, a Martin Luther King. È stato lo stesso Obama a voler intrecciare profondamente i due eventi invitando tutti gli americani a trasformare la festa nazionale dedicata al paladino dei diritti civili in un giorno di volontariato a favore delle loro comunità. Lui ha dato il buon esempio facendo l’imbianchino per alcuni minuti, in maniche di camicia, passando un rullo di vernice blu su una parete bianca di un dormitorio per i giovani. Evento storico Due milioni di persone al giuramento del primo presidente afroamericano. Un evento storico in un paese dove fino a 40 anni vigeva la segregazione razziale in molti stati e dove la piena integrazione dei neri non è ancora raggiunta. Obama dopo la vittoria ha voluto diffondere messaggi di speranza e unità, ma si trova davanti un paese in ansia per la crisi economica e sfide gigantesche sullo scacchiere internazionale. Washington blindata Dai servizi segreti all’esercito regolare la capitale degli Stati Uniti è letteralmente blindata. Son 58 le agenzie di sicurezza coinvolte nell’evento, mentre lo spazio aereo e parte della costa sono inaccessibili. Anche il fiume Potomac, che attraverso Washington, è in parte chiuso alla navigazione e decine di chilometri di autostrade sono interdetti al traffico. La capitale è controllata come una zona di guerra con 8 mila agenti di polizia, 10.000 soldati della Guardia Nazionale, circa 1.000 agenti dell’Fbi e centinaia di persone inviate dal dipartimento di Sicurezza nazionale. Spostati i senzatetto Vivono da anni accampati lungo la Pennsylvania avenue, una delle principali strade di Washington che sarà attraversata dal corteo del presidente eletto, diretto al Campidoglio per il giuramento e poi alla Casa Bianca. Ma da due giorni seimila persone senza fissa dimora statunitensi sono stati costretti a spostare cartoni e coperte per "l’Inauguration Day". Le autorità hanno fatto sapere che i seimila senzatetto, dopo aver superato i controlli di sicurezza, potranno comunque assistere alla parata, e che al termine delle celebrazioni potranno tornare a "vivere" lungo la Pennsylvania avenue.
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